di Antonio Errico
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Quando i tempi portano trasformazioni profonde, radicali, di quelle che implicano la riformulazione delle categorie di pensiero, la rifondazione dei significati, la rielaborazione dei linguaggi, quando quello che accade supera le previsioni o comunque le anticipa notevolmente, allora diventa necessario sospendere il giudizio sugli eventi, sui fatti, sulle storie. Riflettere più di quanto solitamente si riflette. Aspettare che le relazioni tra i fenomeni diventino più esplicite, più chiare.
Probabilmente vale per le situazioni collettive e per quelle personali. Probabilmente vale per ogni situazione e condizione del sociale, e prima di tutto per la cultura e la formazione, che della cultura è la materia essenziale.
Diventa necessario aspettare, perché nella considerazione immediata talune volte può accadere che si confonda quello che veramente è con quello che appare, che si consideri come sostanziale qualcosa che in realtà ha soltanto una valenza formale, che non si metta in conto la conseguenza che nel medio o lungo termine la trasformazione avvenuta può determinare.
“Quando, attraversata una stretta gola, si giunge improvvisamente a un’altura dove le vie si separano e si dischiudono ampie vedute per ogni parte, è lecito sostare un attimo e riflettere in quale direzione convenga innanzitutto volgere i propri passi”.
Così scriveva Sigmund Freud al principio del terzo capitolo dell’ “Interpretazione dei sogni”.