di Carmen Gasparotto
Ci sono stati giorni in cui leggendo un libro, guardando un film, una serie tv, un servizio al telegiornale ci siamo ritrovati a chiederci: ma com’è che questi camminano così vicini? Com’è che si salutano così, con disinvoltura, dandosi la mano e senza mascherina?
Sono stati i giorni in cui chi scrive – anche solo per piacere, anche solo qualche riga sui social ogni sera – non riusciva a scrivere altro che non fosse dentro al tempo presente: l’aggiornamento dei numeri, i volti segnati, la lenta processione dei camion militari. L’angoscia.
Il virus si era portato via anche il nostro immaginario.
Poi è venuto un mese, marzo 2020, in cui una casa editrice di Bologna ha invitato chiunque ne avesse voglia, a mandare, via social network, un breve racconto per dare vita ad un’antologia che fotografasse il momento che tutti stavamo vivendo. Lo ha fatto evocando le parole dello scrittore e poeta bolognese Roberto Roversi: “Là dove entra un libro, o si ascolta una voce, esce rapido un cattivo pensiero. E la nebbia della noia è soffocata o spazzata via dal vento di buona sorpresa; e i luoghi sembrano popolarsi di gente amica. Nessuno è mai solo con un libro in mano.”
Il successo di questa proposta è stato straordinario: 881 testi arrivati in 20 giorni. Raccontano le emozioni, il dolore, le fantasie di quei giorni e affermano il potente valore terapeutico della scrittura e della lettura. Una selezione di 110 testi – forse rifacendosi al Decamerone – sono andati a comporre l’antologia “#iostoacasa” (Pendragon Edizioni, Bologna 2020, pagg 174, euro 15) con il contributo di due sponsor: “Gruppo Hera” e “Fondazione Unipolis”. Cinquecento copie sono state già donate a diverse biblioteche, mentre il ricavato delle vendite sarà devoluto alla Protezione Civile.