di Antonio Errico
Cambieranno le narrazioni. Se non sono già cambiate, cambieranno in un breve tempo. Se una narrazione è la rappresentazione del mondo o almeno la rappresentazione della percezione e della visione del mondo, allora tutte le nostre narrazioni cambieranno: nella struttura, nelle forme, nella stessa idea di narrazione. Sarà così, inevitabilmente, per la semplice, o complicata, ragione che sono cambiate le percezioni, le visioni, le idee del mondo. Quello che non è accaduto per secoli, si è verificato in tre mesi, forse anche di meno. A volte e per certi aspetti consapevolmente; altre volte e per aspetti diversi inconsapevolmente. Però è cambiata la nostra relazione con il mondo e con le creature che lo abitano.
Di conseguenza cambieranno le forme, le espressioni, i contenuti dei racconti. Solo per esempio: cambieranno i racconti di viaggio. Ma siccome non esiste racconto che non dica di un viaggio nello spazio e nel tempo, tutti i racconti cambieranno.
Se per caso una narrazione dovesse riproporre senza varianti forme ed espressioni adottate nel tempo venuto prima di questo, sarà un esito nei confronti del quale qualsiasi lettore resterà indifferente, e forse resterà indifferente anche il suo stesso autore.
Ecco, allora, che, probabilmente, quella che con una formula impropria o comunque inadeguata si potrebbe definire qualità della narrazione, sarà determinata dalla differenza o dalla indifferenza che provocherà in colui che con quella narrazione stabilirà una qualche relazione, anche solo superficialmente. Ma, forse, in fondo, è sempre stato così. La qualità di una narrazione si misura con il grado di trasformazione che produce nel lettore.