di Antonio Errico
Non è possibile, si sa. Però, se lo fosse, per i luoghi del cuore del FAI, ciascuno di noi dovrebbe votare ogni città, ogni borgo, ogni strada, ogni angolo, ogni vico di questo Paese. Ogni soglia di casa, ogni balcone, ogni piazza rimasta deserta per settimane, ogni stazione con i treni fermi, ogni chiesa con le panche vuote; dovrebbe votare ogni spiaggia, ogni cima di monte, ogni sponda di fiume e di lago, ogni valle, e ogni ospedale, ogni scuola, ogni ricovero di anziani assalito dalla sventura.
Non è possibile, si sa. Però, se lo fosse, ciascuno di noi dovrebbe votare ogni creatura che abita quei luoghi, tutti quelli che li hanno abitati e non li abitano più, tutti quelli che hanno aspettato, che stanno aspettando di ripristinare il proprio essere in quei luoghi, la propria appartenenza sostanziale, senza impedimenti, senza difficoltà. Senza distanze. Senza paura del contagio.
Dovrebbe votare tutti i bambini, tutti i vecchi, tutte le donne e gli uomini che abitano le periferie, le loro solitudini, le loro malinconie.
Questa volta dovrebbe essere così. Nell’esperienza che ancora ci disorienta, che ancora ci frastorna e ci impaurisce, i luoghi del cuore di ciascuno di noi dovrebbero essere tutti i luoghi di questo Paese. Perché non ce n’è stato solo uno che non abbia sofferto e che ancora non soffra. Non ce n’è stato solo uno che non abbia mostrato l’incomparabile bellezza dell’ umano.
Un luogo del cuore è quello per il quale si prova un sentimento, una passione. In questo tempo che dura dai primi giorni di marzo, noi abbiamo provato sentimenti e passioni per ogni luogo, vicino o lontano. Per esempio: Bergamo, Codogno; da qui sono lontani. In questo tempo da qui sono stati lontanissimi, sono stati separati. Ma per essi noi abbiamo provato sentimenti e passioni. Trasalimenti.
Sono stati nostri luoghi del cuore.