di Rosario Coluccia
La situazione terribile provocata dal mostro che chiamiamo coronavirus ha messo la nazione di fronte a una sfida sconosciuta. Tutto cambia. Da un giorno all’altro scuole e università chiudono. Milioni di bambini, adolescenti, ragazzi, giovani rischiano di veder compromessa la loro istruzione e di restare abbandonati a sé stessi. Unico rimedio possibile alla catastrofe educativa appare la didattica a distanza, pratica ignota ai più, sì e no conosciuta (con incertezze) da pochi, familiare per pochissimi. DaD sintetizza l’acronimo veicolato dai media, anch’io per brevità vi farò ricorso in quest’articolo. Chi insegna è chiamato a farlo in condizioni fino al giorno prima impensate. A lezione i professori non hanno più aula e cattedra, sono soli con il computer, senza poter guardare in faccia gli studenti per registrarne le reazioni e valutarne i segni d’attenzione, ognuno è tappato nella propria casa. Comportamenti e atteggiamenti di fronte alla situazione difficile sono molto diversi. Alcuni professori non apprezzano la DaD, giudicano la tecnologica inadeguata a sostituire l’intreccio di voci e di emozioni che solo la classe reale può offrire. Inoltre molti ragazzi non hanno un computer a disposizione né hanno in famiglia qualcuno che possa aiutarli: in queste condizioni l’apprendimento è complicato. Ne deriva il rischio che si accresca il divario fra gli studenti, penalizzando in maniera vistosa quelli appartenenti a famiglie economicamente e culturalmente in difficoltà. Altri professori reagiscono diversamente, non si lasciano scoraggiare, scoprono che si può fare una buona lezione anche da lontano, si aprono possibilità impensate. Con la piattaforma digitale è possibile condividere con la classe file e documenti di ogni tipo, scaricare pdf, mostrare materiali di cui discutere immediatamente con gli studenti. Si possono assegnare esercitazioni e correggerle, fare verifiche di apprendimento con test intermedi, coinvolgere e guidare i ragazzi nella ricerca. Gli studenti hanno la possibilità di intervenire in maniera ordinata (forse perché sono abituati al mezzo telematico), fanno domande, ascoltano con attenzione le risposte che vengono date loro.