di Antonio Lucio Giannone
Questo numero de «L’Idomeneo» vuole essere un omaggio a due maestri dell’italianistica dell’Università del Salento, scomparsi da qualche anno, Mario Marti e Donato Valli, i quali sono stati uniti da un lungo rapporto di collaborazione, oltre che di amicizia personale. Lo stesso Valli, peraltro, ha sempre considerato Marti uno dei suoi maestri, insieme al poeta Girolamo Comi e a Oreste Macrì. Entrambi sono state figure fondamentali per la storia di questa Istituzione che per diversi anni hanno guidato come rettori. Ma non di questo aspetto si parlerà qui, bensì della loro attività di ricerca che è stata presa in esame nei numerosi contributi presenti in questo fascicolo. Ad essi dunque si rimanda per una conoscenza più dettagliata dei principali filoni seguiti dai due studiosi nel corso del loro lavoro. Ora vorrei provarmi a dire soltanto, in estrema sintesi, che cosa hanno rappresentato Marti e Valli per l’Ateneo salentino e, in particolare, per la Facoltà di Lettere e filosofia.
Marti è stato, senza alcun dubbio, il fondatore dello studio della letteratura italiana basato su criteri rigorosamente “scientifici” e su una precisa metodologia di ricerca. D’altra parte, quando incominciò a insegnare a Lecce, nel 1956, aveva già alle spalle, oltre che una solida preparazione scolastica, una prestigiosa formazione a livello universitario nonché esperienze di rilievo in campo accademico. Al Liceo “Colonna” di Galatina, aveva avuto come professore di italiano un insigne filologo, Raffaele Spongano, che poi doveva ricoprire la cattedra di Letteratura italiana presso l’Università di Bologna. Fu Spongano, che Marti ha definito «maestro e guida», ad avviarlo alle letture di alto livello e a sollecitarlo a presentarsi al concorso per l’ammissione alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Qui incontrò il suo secondo maestro, Luigi Russo, uno dei rappresentanti più noti della critica letteraria italiana della prima metà del Novecento, con il quale si laureò elaborando una tesi su Giacomo Leopardi. Poi nella Facoltà di Lettere dell’Università di Roma lavorò, come assistente straordinario, accanto ad un altro autorevole studioso, Alfredo Schiaffini, che ricopriva la cattedra di Storia della lingua italiana.