di Paolo Vincenti
“Io no! Col branco non ci sto
Con gli altri a far del bene, con gli altri a far del male
se devo vivere, per quanto vuole Dio
voglio vivere, parlando a modo mio”
(“Col branco” – Gino Paoli)
Nella tragicommedia della vita, tanti ostacoli intralciano il nostro cammino. È una diuturna battaglia che con marziale fragore ingaggia, il nostro spirito, con la pusillanimità di uomini falsi, ipocriti, meschini, furbi, imbroglioni, pedanti. Quando la mattina mi immergo nella colluvie di questi mascalzoni arroganti e praticoni, un sottile senso di nausea dalle narici mi pervade il cervello e patisco degli sbandamenti, delle mancanze, che seppure passeggeri, diventano, alla mia età, sempre più insopportabili. Ritornando in città e al lavoro a settembre, dopo le ferie, ci si imbatte nella funesta torma di colleghi, creditori, imbonitori, bottegai, amici, parenti, compaesani e tanti altri molesti viventi che speravamo sepolti sotto le macerie del loro castelletto di imbecillità. Invece, ecco che ci si ripropongono con il sorriso ebete dei tonti, degli incuranti, col ghigno malvagio dei lestofanti, con l’indolenza dei parassiti, con la sfacciataggine delle canaglie, con la falsità degli ipocriti, con la spavalderia degli arroganti, con l’impudenza dei prepotenti. La superficialità dei fatui e la pesantezza dei saccenti ogni giorno mettono a duro cimento le mie coronarie; tanti “sepolcri imbiancati” credono di potermela dare a bere, sono convinti di riuscire a nascondere sotto la belletta il marciume della loro anima ributtante. Ma io non sono mica coglione, sento puzza di marcio lontano un miglio, riconosco una baldracca prima ancora che mi si accosti, un delinquente appena mi saluta, un damerino vanesio e vuoto già da come si acconcia, un barboso seccante dalla prima parola che dice. Ma il gioco del mondo è la finzione di crederci tutti sant’uomini, e bisogna stare al gioco, se non si vuol fare come gli stiliti che vivevano su una colonna disprezzando il mondo e le sue cure. Il traffico ringhia e morde come non mai. Il formicolare delle auto in città è un leit motiv che accompagna tutta la giornata, ormai quasi non si può fare a meno di quel ronzante, ipnotico, compagnevole rumore di fondo. Gli uomini sono tutt’uno con le macchine, ogni secondo della nostra giornata è scandito da un rapporto osmotico con la tecnologia, la vita stessa ormai sul pianeta si alimenta meccanicamente. Sono convinto che pochi riuscirebbero a sopravvivere un minuto se gli si togliessero telefonino e auricolare, tablet e scooter, si fermerebbe anche il loro cuore automatico.