di Ferdinando Boero
2010, anno della biodiversità: il Salento è pronto?
Nel 1992, a Rio de Janeiro, i grandi della terra stipularono la Convenzione sulla Biodiversità, e stabilirono che, per garantire la sopravvivenza della nostra specie, è imperativo conservare e salvaguardare la diversità biologica. L’umanità non può vivere da sola. Il resto dei viventi, la biodiversità, le fornisce beni e servizi essenziali. I beni sono quel che mangiamo, e i materiali che usiamo. I servizi sono la produzione di ossigeno e il consumo di anidride carbonica da parte dei vegetali, a rendere le condizioni ambientali compatibili con la nostra sopravvivenza. O l’impollinazione delle piante da parte degli insetti. Per non parlare della bellezza della natura. La biodiversità, in altre parole, fa funzionare gli ecosistemi sui quali si basa la nostra stessa vita e ne è parte essenziale.
Sono passati diciotto anni, e le Nazioni Unite dichiarano il 2010 l’Anno della Biodiversità. E’ l’anno in cui avremmo dovuto raggiungere certi obiettivi di gestione oculata della biodiversità. Nessuno stato li ha raggiunti. Celebriamo la biodiversità, ma ancora abbiamo fatto poco per diminuire la nostra pressione su di essa.
Non sappiamo neppure quante specie ci sono sul pianeta, e dedichiamo pochissime risorse alla loro conoscenza. Ne dedichiamo di più a contare le stelle in cielo, anche se esse non contribuiscono in alcun modo al nostro benessere. Le stelle saranno ancora al loro posto tra cento anni, ma quante specie avremo ucciso nel frattempo? E senza neppure sapere della loro esistenza? Misteri delle scelte delle priorità su cui investire. Le porzioni di ambiente sottoposte a protezione sono ancora irrisorie. La nostra pressione sull’ambiente è ancora altissima, insostenibile, e la perdita di biodiversità è un sintomo di degenerazione degli ecosistemi.