Nella Costituzione non esiste la parola Natura. Non c’erano problemi più grandi, allora, che uscire dalla guerra. Il lavoro è la base della nostra Costituzione, e l’Uomo è al centro. Siamo usciti dal bisogno, ora possiamo guardare con freddezza e distacco al mondo. E allora capiamo prima che c’è il problema della Giustizia per tutti i popoli, non solo per il nostro. E poi, ancora, ci accorgiamo che non possiamo vivere ripiegati su noi stessi. Noi viviamo perché il pianeta vive. Se uccidiamo il resto della Natura, la Natura si ribellerà. E combatteremo tra noi per raschiare il fondo del suo barile. Il cerchio si chiude. Se vuoi la Pace rispetta il tuo prossimo (la Giustizia) e rispetta la Natura (l’’Ecologia). La Guerra è chirurgia, ma Giustizia e Ecologia sono il modo per non averne bisogno. Lo hanno capito in molti, non a caso il Premio Nobel per la Pace è andato anche ad Al Gore, che ha fatto dell’’Ecologia la sua bandiera. Darwin ha rimesso l’’Uomo nella Natura. Non al centro di essa, come dominatore, ma come parte di essa. Darwin ci ha insegnato l’’umiltà in modo scientifico. A centocinquant’’anni dalla pubblicazione dell’’Origine delle Specie, scienza e religione si incontrano e ci dicono la stessa cosa. Forse il conflitto è finito. Il Papa dice che bisogna insistere sull’’educazione tesa alla responsabilità ecologica, oltre alle nozioni tecniche e scientifiche. Non c’’è Natura nei nostri curricula scolastici. Non abbastanza. Intanto, in Italia, i ricercatori che si occupano di ambiente sono sui tetti dei loro istituti. Licenziati. Continuiamo a non capire, a non ascoltare. Nessun politico cristiano riprende le parole del Papa, nessun politico laico riprende quelle di Darwin, di Marx parla Tremonti, meno male. Intanto la Natura si sta ribellando. Il futuro preconizzato da Giovanni Paolo II è ora!
Ironia della sorte, Napolitano, nel suo discorso di fine d’anno, parla di ambiente solo perché ne ha parlato il Papa. Il suo discorso è ancora legato alle visioni che hanno portato alla nostra Costituzione, dove la Natura non ha dimora. Idee e visioni importantissime, le sue, ma decontestualizzate. Il Papa, i Papi, sono più avanti. Giustizia e Ambiente sono la chiave di volta del vivere moderno. Senza tener conto di questo, non usciremo da questo periodo buio. Non sono concetti di destra o di sinistra, non hanno colore politico. Sono valori assoluti, che regolano il nostro vivere come animali sociali (la Giustizia) e il nostro essere parte della Natura (l’Ecologia).
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Darwin vietato ai minori
Sta per uscire un film su Darwin, si chiama The Creation. Darwin, ogni tanto, ha usato la parola Creazione per riferirsi alla Natura, nel suo libro più importante. Ho visto il trailer del film, disponibile in rete. Se si cerca su un sito statunitense si vede anche la classificazione assegnata dall’organo di controllo che valuta i film: PG. PG vuol dire Parental Guidance, e ammonisce che un minore di 13 anni deve guardare il film sotto la guida di un genitore, perché altrimenti potrebbe essere turbato. Non so bene se nel film ci siano scene di sesso estremo, o gesti di particolare violenza, ma non credo. Temo che la minaccia per i giovani sia l’idea proposta da Darwin: l’evoluzione. Un’idea pericolosa. Questa stessa posizione fu condivisa da Letizia Moratti quando, da Ministro dell’Educazione (o della Pubblica Istruzione), decise che fosse meglio togliere l’evoluzione dai programmi della scuola dell’obbligo. Era meglio non turbare le giovani menti con idee e concetti destabilizzanti. Ovviamente nello stesso percorso didattico restava l’ora di religione, con tanto di Creazione.
Negli USA, la Corte Suprema ha respinto la richiesta dei fondamentalisti religiosi di avere la Creazione a fianco dell’Evoluzione nell’ora di scienze. Non c’è religione nella scuola pubblica statunitense (anche se sul dollaro c’è scritto: Noi abbiamo fede in Dio), e la Corte Suprema decise che scienza e religione sono due cose differenti: richiesta respinta. Da noi, la proposta non fu di mettere Creazione e Evoluzione assieme, ma di togliere l’Evoluzione, lasciando la Creazione. La situazione non è ancora stata chiarita definitivamente, anche se una commissione ministeriale di saggi, ovviamente, ha ribadito che l’evoluzione va insegnata. Recentemente ci sono stati altri attacchi all’evoluzione. Il Vice-Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, uno storico del cristianesimo che insegna in un’Università privata, ha promosso, presso la sede del CNR, un convegno dal titolo Evoluzionismo: il tramonto di un’ipotesi. Poi, con il supporto finanziario del CNR, ha stampato un libro dallo stesso titolo. Tutto ciò nel 2009, l’anno di celebrazione del 200 anniversario della nascita di Charles Darwin e del 150 anniversario della pubblicazione del libro che ha cambiato per sempre il nostro modo di vedere il mondo: L’Origine delle Specie. Per chi non sia esperto di queste cose, il messaggio potrebbe essere che, per il CNR, la teoria dell’evoluzione è una teoria ormai sorpassata. Con tanto di avallo da parte del massimo ente di promozione della ricerca del nostro paese, il CNR, appunto. Io non voglio qui affermare che l’evoluzione sia una verità inconfutabile e non criticabile. Però, oggi, chi si occupa di scienze della vita in modo professionale non trova spiegazione alternativa all’evoluzione per comprendere come la vita sia arrivata alla situazione attuale, partendo dalle sue origini. Ci sono tantissime cose che non abbiamo capito (prima di tutto l’origine della vita), e tutto può essere messo in dubbio e criticato. La scienza procede così. Ma dire che l’evoluzionismo è un’ipotesi tramontata non corrisponde a verità. Il 99.99% dei biologi spiega la diversità della vita con i processi evolutivi. La cosa paradossale è che il Presidente dell’Accademia Pontificia delle Scienze si è sentito in dovere di difendere l’evoluzione dagli attacchi del Vice Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il Vaticano difende l’evoluzione, dopo aver riabilitato Galileo. Non ci sono problemi per la fede a ritenere valido il paradigma evoluzionista.
E’ triste che alcuni periodici e quotidiani (Micro Mega, Repubblica, Corriere della Sera) abbiano criticato il CNR per le posizioni del suo Vicepresidente (che rimane al suo posto, per mandato ministeriale), e che altri quotidiani (Giornale e Libero) abbiano difeso il povero Vicepresidente dagli attacchi degli integralisti della scienza. Traduco: essere evoluzionisti è di sinistra, per cui, se si è di destra, bisogna essere antievoluzionisti.
Lo stesso vale con l’ecologia e il cambiamento globale. Chi si preoccupa dell’integrità ambientale è di sinistra, mentre chi è di destra deve negare che l’ambiente stia correndo dei rischi a causa nostra.
Questo è sintomo di profondo degrado culturale. Le questioni scientifiche diventano faccende da ultras di tifoserie opposte e chi non è del mestiere assiste a esibizioni di persone urlanti che affermano tutto e il contrario di tutto, senza avere strumenti per capire da che parte potrebbe pendere la bilancia della ragione.
Ribadisco: non sto affermando che l’evoluzione sia una verità non criticabile, però è vero che, oggi, tutti quelli che studiano la vita la ritengono la spiegazione più valida a rispondere a domande tipo: da dove vengono le specie che oggi abitano il pianeta, e noi stessi? L’adeguamento di questo alla religione non fa che ritenere che, ovviamente, il soffio divino nel fango sia un’allegoria, e che il soffio avrebbe tranquillamente potuto trasformare un antenato scimmiesco in un uomo. Scimmie al posto di fango. Dove sta il problema? Alle vignette che ridicolizzano l’origine scimmiesca dell’uomo potrebbero essere contrapposte vignette che ridicolizzano l’origine della nostra specie dal fango. La religione più evoluta non avversa Galileo e non avversa Darwin.
La cosa triste è che si pensi di nominare persone come l’attuale Vicepresidente del CNR a ricoprire cariche che stanno coprendo di ridicolo la nostra comunità scientifica agli occhi del mondo, e che persino il Vaticano scenda in campo a difendere l’evoluzione. Riviste come Science e Scientific American hanno pubblicato articoli increduli su questo evento che ridicolizza il CNR, vicepresieduto da un personaggio con nette posizioni antiscientifiche, nominato dal ministro.
Darwin non è da vietare ai minori di 13 anni. Darwin è patrimonio universale della nostra migliore cultura, non è né di destra né di sinistra. Marx lo ha adoperato per alcune sue tesi, e lo stesso ha fatto Hitler, ma anche la Bibbia è stata adoperata per compiere nefandezze orrende. E nessuno si sogna di dire che allora vada rigettata e che non possa essere il fondamento di un credo religioso. Scienza e religione sono nettamente separate ma, se usate con una solida base culturale, possono persino trovare molte forme di convergenza. Purtroppo la solida base culturale manca. E questo va oltre il sapere i teoremi e le poesie. Manca una serena e distaccata visione del mondo, che permetta di distinguere chi cerca davvero di capire da chi fa affermazioni prive di fondamento. L’evoluzione non è un’ipotesi tramontata, chi lo afferma racconta una frottola. Per il momento è la spiegazione migliore che abbiamo. La getteremo alle ortiche quando se ne troverà una migliore. Ma il soffio nel fango no, non basta neppure al Vaticano, in senso letterale.
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Ambiente e Terrorismo
Bin Laden è l’uomo più ricercato del mondo. È lui l’ispiratore dell’attentato dell’11 settembre ed è lui il capo di Al Qaeda, la più terribile organizzazione terroristica del mondo. Una banda di spietati assassini, fanatici religiosi, oppressori delle donne e dei popoli.
La parola terrorismo ci fa venire in mente quel tipo che si divertiva a decapitare ostaggi e metteva i filmati su youtube. O il martire suicida che si fa saltare in aria in un centro commerciale, o in una discoteca, uccidendo decine di persone, pensando poi di andare in paradiso e di trovare un certo numero di vergini ad attenderlo, pronte a farlo divertire per l’eternità (una succursale di Villa Certosa).
Bin Laden ha detto che gli stati che inquinano l’atmosfera e causano il cambiamento globale sono terroristi, nemici dell’umanità. Viene da sorridere, è il bue che dice cornuto all’asino. Però, qualche settimana fa, Benedetto XVI ha detto esattamente la stessa cosa: l’abuso del pianeta è come il terrorismo. Le stesse parole, gli stessi giudizi, sulle stesse cose.
Bin Laden non mi è per nulla simpatico. Non mi sono mai piaciuti i capi che parlano in nome di Dio, e anche Benedetto XVI di mestiere fa il rappresentante di Dio in terra. Che poi i due si riferiscano a divinità differenti poco importa. Un ateo li definirebbe entrambi dei fanatici religiosi, ricordando di quando i predecessori di Benedetto XVI facevano o ispiravano crociate contro gli infedeli, e processi con tanto di rogo finale.
Ma se una cosa è giusta, lo è anche se viene detta da una persona sbagliata.
C’è una differenza sottile tra uccidere e far morire. Il terrorista “classico” uccide le sue vittime e, spesso, muore anche lui. Il terrorista ambientale (prendo a prestito le parole di Bin Laden e di Ratzinger) fa morire le sue vittime, in quantità di molto superiori rispetto al terrorista classico, e lo fa con lo scopo di arricchirsi o, comunque, di fare una bella vita: il nostro modo di vivere. Le vittime muoiono piano piano, avvelenate dai fumi inquinanti (vi viene in mente Taranto?), oppure dalle fibre micidiali dell’amianto, o dalla diossina, l’elenco è lunghissimo. Questi che ho nominato sono i casi di morte nelle vicinanze degli impianti inquinanti. Poi ci sono gli inquinanti che viaggiano e hanno impatto globale, cambiando il clima, provocando così inondazioni, sconvolgimenti che distruggono intere città. C’è il saccheggio del territorio, che causa frane e inondazioni, crolli, erosione, morte e distruzione. Proprio come le bombe dei terroristi. Ma i colpevoli sono più subdoli. I terroristi classici dicono: sì, siamo stati noi, vi abbiamo colpito perché la pensiamo diversamente da voi e vogliamo imporre il nostro pensiero sul vostro. Perché noi crediamo nel vero Dio e voi credete in quello falso: ecco la nostra vendetta. I terroristi ambientali, invece, negano. Hanno schiere di pagatissimi avvocati che, con sottili cavilli, tentano di smontare le tesi dell’accusa, e spesso ci riescono. Hanno soldi per pagare “esperti” che dichiareranno che non è colpa loro, contraddicendo gli esperti (e questa volta non metto virgolette) che dicono il contrario. In modo che l’opinione pubblica possa dire: vedi? Uno dice una cosa e l’altro dice il contrario. Non riescono neppure a mettersi d’accordo tra loro. Hanno soldi per pagare le campagne elettorali dei politici che, in caso di vittoria, li sosterranno nelle loro imprese.
Non vorrei dare l’impressione di avere simpatia per i terroristi “classici”. Li trovo disgustosi. E non sto mettendo Papa Ratzinger sullo stesso piano di Osama Bin Laden, sono consapevole della profondissima differenza, non dovrei neppure dirlo, ma non si sa mai. Gli ideali dei terroristi classici sono per me ripugnanti, ma i terroristi ambientali vogliono solo arricchirsi e, di solito, la fanno franca. Tutt’al più pagano un po’ di danni alle vittime o ai loro parenti, e tornano puliti, pronti a ricominciare. A noi fanno paura i terroristi classici che potrebbero ucciderci e non ci accorgiamo che i terroristi ambientali ci stanno facendo morire, stanno rubando il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Personalmente, credo che le mie probabilità di essere ucciso da un terrorista classico siano veramente poche, mentre è molto probabile che morirò prima di quanto la mia fibra mi permetterebbe di vivere, a causa dell’aria che ho respirato e delle porcherie che ho mangiato. Sono sicuro che i terroristi ambientali mi faranno morire prima del tempo, e sono quasi sicuro che i terroristi classici non mi uccideranno. Chi sono i miei peggiori nemici? E i vostri?
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Il mare riprende…
I vecchi abitanti del Salento sapevano bene come rapportarsi col loro mare. Sulle rocce costruirono Roca Vecchia, e poi Otranto e Gallipoli, sempre sugli scogli. Le spiagge, invece, restarono deserte, anche perché c’erano le paludi e gli stagni costieri. I salentini sono molto distaccati dal loro mare, e hanno costruito la maggior parte delle loro città nell’interno. Ma poi ci sono state le bonifiche delle paludi, seguite dalla frenesia della casa al mare, negli anni sessanta e settanta, che ha portato alla costruzione di decine di migliaia di case subito a ridosso della riva, sulla spiaggia. Molte, se non tutte, queste case sono abusive. Non si può costruire sul territorio demaniale, e non si può costruire troppo vicino alla costa. I motivi sono amministrativi, ma prima di tutto sono legati ad antica sapienza nell’uso del territorio, una sapienza che si è evidentemente perduta. L’illusione che col cemento si possano risolvere tutti i problemi sta pian piano rivelando la sua natura: di illusione, appunto. La natura si riprende quel che le è stato tolto. Abbiamo costruito nelle paludi interrate, nei greti cementificati dei torrenti, e a ridosso della costa e ora paghiamo il prezzo della nostra arroganza con il dissesto del territorio. Dalle Alpi (con i disastri della Valtellina e del Vajont) al nord e al centro (le alluvioni di Firenze e di Genova, la tragedia del Polesine) per non parlare del sud, con i recentissimi disastri siciliani e calabresi. E abbiamo anche costruito male, come testimonia la reazione dei nostri edifici a terremoti che, in Giappone, con la stessa intensità, fanno solo cadere qualche calcinaccio.
L’ho detto e scritto così tante volte: nella nostra Costituzione non c’è la parola Natura. Viviamo come se non esistesse e siamo concentrati solo sui nostri bisogni e sui nostri desideri. Ho vissuto per tre anni in una di queste case (abusive) costruite a ridosso della spiaggia. Un posto bellissimo in cui tutti vogliono vivere. E questa voglia si soddisfa con la casetta nelle dune. I tre anni nella mia casetta (in affitto) nelle dune sono stati tre anni solitari. A parte la bolgia d’agosto, quando scappavo, il resto dell’anno ero in perfetta solitudine. Nessuno veniva a vedere la sua casa e, dopo l’abbandono alla fine di agosto, le prime visite erano verso Pasqua, per dare aria alle stanze, ma il possesso si riprendeva a metà luglio. Un mese in tutto, forse un mese e mezzo per i più entusiasti. Ma le case restano, anche se dimenticate, e il mare, mareggiata dopo mareggiata, cerca di riprendersi quel che gli è stato tolto. C’è una disciplina che studia l’impatto del mare sulla costa, si chiama dinamica dei litorali. Dinamica, non statica: il litorale è dinamico, si muove, perché le forze della natura lo modificano continuamente. Ma la Natura è assente dalla nostra cultura e dalla Costituzione, anche se è ben presente nei Vangeli. In questi casi ricordo sempre che il Vangelo ci dice che il saggio costruì la sua casa sulla roccia, mentre lo stolto costruì la sua casa sulla sabbia. Venne la tempesta e spazzò via la casa sulla sabbia, mentre quella sulla roccia restò al suo posto. Non c’è bisogno di altri commenti. Un candidato a governatore della Sardegna mise nel suo programma elettorale un serio e congruo limite alle costruzioni sulla costa. Perse le elezioni, abbandonato anche dal suo partito.
Sento di progetti di difesa del litorale, con costruzione di barriere difensive. Sono state fatte lungo tutta la costa adriatica, dal Molise fino al Delta del Po: la lunga muraglia adriatica. Non ci sono più spiagge, solo un muro di quasi cinquecento chilometri. E’ questo quello che vogliamo anche per il nostro Salento?
La soluzione consiste nell’assecondare la natura, rimuovendo le costruzioni e le infrastrutture sulla linea di costa (la litoranea da Porto Cesareo a Taranto a volte corre sulla spiaggia), riacquisendo l’antico rispetto per il mare che, comunque, prima o poi riprende quello che abbiamo cercato di togliergli.
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Quei capodogli siamo noi
Il mare della Puglia ha lasciato [il 10 dicembre 2009], sulla costa del Gargano, nove capodogli. Non è la prima volta. Nel Museo di Biologia Marina di Porto Cesareo ci sono le vertebre di un capodoglio spiaggiato lungo le nostre coste negli anni Sessanta. Ogni tanto avviene. E ci sorprendiamo che nel nostro mare ci siano creature mitiche. Moby Dick era un capodoglio. E Melville lo dipinge come un mostro che uccide e che deve essere ucciso. Quanto è cambiata la nostra cultura. Oggi i mostri ci fanno pena, e tifiamo per loro. Oggi San Giorgio che uccide il drago sarebbe un criminale. E il drago sarebbe l’emblema di qualche associazione ambientalista. Per fortuna la cultura evolve. Giorni fa il Pontefice ha detto che chi distrugge l’ambiente è un terrorista. Parole molto forti, che aprono all’anno della biodiversità, il 2010.
Viaggiando tra Otranto e Leuca, vediamo uno dei tratti di costa più belli del nostro Paese. Scogliere a picco sul mare e, d’inverno, lo spettacolo del mare che frange è drammatico e nello stesso tempo bellissimo. Non si può restare indifferenti. Ma in quel mare ci sono cose che forse ancora non apprezziamo. Come quei nove “mostri” che saranno senz’altro passati da lì. Oggi non li uccidiamo più ma, in compenso, li facciamo morire. La differenza è sottile. I mostri del Gargano avevano gli stomaci pieni di rifiuti, plastica e vetro, dicono le prime autopsie. I capodogli scendono nelle profondità del mare e, con la mascella inferiore armata di grandi denti, “arano” il fondo per catturare i calamari giganti che abitano gli abissi marini. Hanno gli occhi piccoli, i capodogli. Non vedono quel che la loro bocca scova sul fondo. Se trovano qualcosa la mangiano. Perché sanno che il fondo del mare è ricco di cose buone, per loro. Ho usato il presente, ma avrei dovuto dire “era ricco di cose buone”. Oggi sul fondo del mare c’è la plastica. E i mostri mangiano la plastica. Fino a quando i loro stomaci si ostruiscono. Forse non saranno morti per quello, tutti assieme. Forse saranno stati disturbati da qualche sonar, o avranno un morbo che li disorienta. I grandi cetacei spiaggiano un po’ in tutto il mondo, e questo avviene da sempre, da prima che la plastica venisse lasciata cadere in massa negli abissi marini. Quel che è certo è che ora hanno un motivo in più per perdere la vita.
Assieme ad Anna Miglietta, sono responsabile del Museo di Biologia Marina di Porto Cesareo. Se venite a vederlo, incontrerete lo squalo elefante. Un gigante buono che mangia il plancton. E’ un piccolo, ed è lungo otto metri. I bambini entrano nella sua sala e lo guardano a bocca aperta. Increduli che nel mare in cui nuotano d’estate ci siano animali del genere. Quando entrano nella Sala della Pesca vedono un pesce luna di due metri. Anche lui pescato a Porto Cesareo. E la tartaruga liuto, anche lei di due metri. Anche lei incappata nelle reti dei pescatori che, poi, la portarono al Museo. Non sembra vero che ci siano animali così. Non nei nostri mari. Li vediamo alla televisione e li associamo a mari lontani, ci sembra che non sia possibile che anche da noi il mare riservi queste sorprese.
Questi bestioni sono la cosiddetta fauna carismatica. Sono l’emblema della biodiversità. Quando li vediamo ci emozioniamo, hanno carisma. Le specie che abitano il nostro mare, e tutti i mari, sono milioni. Molte sono piccole, o piccolissime. Magari le calpestiamo quando camminiamo sulla sabbia e non ci accorgiamo della loro esistenza. I bestioni carismatici ci ricordano che esiste la natura e aprono la via alla conoscenza della biodiversità. I bimbi che guardano lo squalo chiedono se quella grande bocca può mangiarli. E imparano che quel gigante mangia piccoli animaletti sospesi nell’acqua, il plancton. E cominciano a capire l’intrico di relazioni che governa il funzionamento del nostro mare. I capodogli, gli squali, le tartarughe, vivono perché il mare è ricco. Se sono presenti testimoniano che ancora c’è vita, che la vita è rigogliosa. Se muoiono ci avvertono che c’è qualcosa che non va. E magari ci dicono che siamo anche noi responsabili della loro morte. Li uccidiamo con piccoli gesti, lasciando in giro le buste di plastica, o altri rifiuti, le lattine, le bottiglie. E poi li uccidiamo con le nostre industrie, con i veleni che produciamo.
Siamo tutti amanti della natura, a parole. E lo siamo molto più oggi di quanto non lo siamo mai stati. O forse no. Perché nella Genesi il Creatore ci affida un unico compito: dare il nome agli animali. Dare il nome significa conoscere. E nel Giardino dell’Eden la natura deve essere coltivata e custodita. Dobbiamo prendere dalla Natura, è nella nostra natura. Ma la dobbiamo rispettare e, per rispettarla, dobbiamo conoscerla. Giovanni Paolo II, un giorno, disse che, per lui, il frutto proibito deve essere interpretato anche come un limite posto dal Creatore al nostro uso del Giardino. Potevamo prendere QUASI tutto, ma non tutto. La cacciata dall’Eden è avvenuta perché abbiamo superato quel limite, e abbiamo voluto tutto. È strano, persino per un credente, vedere quanta premonizione ci sia in queste immagini bibliche. Quanto si applichino alle vicende di oggi. Giovanni Paolo II lanciò un altro ammonimento: la Natura si ribellerà!
Noi pensiamo di poterla dominare, di poter fare quel che ci pare. E alcuni hanno letto nella Bibbia una giustificazione del nostro uso del Giardino. La Natura è lì perché noi possiamo trarne vantaggio. È vero, ma non dobbiamo abusare di lei. Stiamo abusando. Ce lo ricordano anche quei nove mostri, morti lungo le nostre coste. I grandi del mondo si riuniscono per decidere del futuro del Pianeta. Ma al rispetto per la natura, vengono fatte prevalere le leggi dell’economia. E pochi ricordano che le leggi della Natura sono superiori rispetto alle leggi dell’economia. Come si può essere così folli da pensare che le nostre leggi siano superiori alle leggi della Natura? Ci stiamo mettendo fuori della Natura e, così facendo, ci troviamo soli a fronteggiarla.
La nostra specie non può vivere senza il resto della Natura. Non possiamo pensare di abbattere tutte le foreste per farne dei campi coltivati. Non possiamo pensare di prendere tutti i pesci del mare. Poi non resterà più nulla.
Se si guarda il mare da lontano, dalle scogliere di Otranto, tutto sembra sempre uguale. Sembra che sia difficile, per noi, rovinare quella maestosità, e invece possiamo. Con piccoli gesti e con grandi scelte.
Oggi tutto si sta radicalizzando. E sembra che difendere l’ambiente sia una posizione di sinistra, retrograda, mentre chiedere il “progresso” sia una posizione di destra. Chi dice che il clima si sta deteriorando è di sinistra, e quindi se si è di destra bisogna negarlo. I Papi sono di sinistra? La Bibbia è di sinistra? Non c’è destra e non c’è sinistra. I capodogli non sono né di destra né di sinistra. Gli economisti ci dicono che tutto deve crescere. Sia quelli di destra, sia quelli di sinistra. Lo prevedono le leggi dell’economia. Le leggi della Natura dicono che non è possibile la crescita infinita in un mondo finito. La Natura è di sinistra? Ma poi i più grandi distruttori della natura sono stati i governanti dell’Unione Sovietica e, oggi, quelli della Cina. Invidiamo la crescita della Cina e siamo tanto ciechi da non vedere che quella crescita si paga con la distruzione dell’ambiente. Vorremmo poter crescere anche noi così.
La Natura ci insegna che le specie a crescita tumultuosa vanno incontro a tracolli drammatici (come le zanzare) mentre altre specie crescono fino a un certo punto, e poi alla crescita segue la stabilità, come avviene per i grandi alberi delle foreste. Noi abbiamo il libero arbitrio, e possiamo scegliere. Possiamo scegliere la crescita tumultuosa, ma dobbiamo sapere che poi dovremo fronteggiare tracolli altrettanto tumultuosi. Oppure possiamo scegliere la stabilità. Le altre specie non sanno, ed è la selezione naturale ad governarle. Noi sappiamo, e possiamo scegliere. Possiamo scegliere perché, a differenza di tutte le altre specie, il Creatore ci ha regalato la possibilità di dare il nome agli animali, ci ha dato la possibilità di conoscere. Io, veramente, non sono credente. Ma mi piace moltissimo questa immagine. Dovrebbe mettere tutti d’accordo, perché porta alla stessa conclusione sia quelli che ragionano con la scienza sia quelli che ragionano con la fede. Se mi si chiede la mia posizione, io sono un relativista. Perché non credo nelle verità assolute. Ma questa mi pare una verità assoluta: le leggi inventate dall’uomo non possono superare le leggi della Natura. Spetta a noi trovarle, spetta a noi interpretarle e rispettarle.
L’uomo non ha mai saputo così tanto, non è mai stato così potente, e carico di informazioni. Ma le informazioni sono conoscenza, e la conoscenza non è saggezza.
Voi state leggendo un giornale e, di solito, sono gli economisti a dire a tutti quel che si deve fare. Espongono le loro leggi e le propongono come verità assolute. È molto raro che chi si occupa di ambiente abbia lo stesso seguito, e la stessa considerazione. Se il Ministro dell’Economia dice una cosa e il Ministro dell’Ambiente ne dice un’altra, vince il ministro dell’Economia.
È sbagliato!
A patto che il Ministro dell’Ambiente sia una persona responsabile. Ma se anche il Ministro dell’Economia è una persona responsabile, dovrebbe capire che le leggi della Natura sono superiori a quelle dell’economia.
Nella nostra Costituzione non esiste la parola Natura. Non fa parte dei nostri valori fondanti. I Padri Costituenti avevano altri problemi, e non si possono denigrare per questo. A quei tempi i capodogli erano ancora mostri. Ma oggi non lo sono più. La cura del nostro ambiente, il rispetto Francescano dei viventi, devono entrare nella nostra cultura. Perché ancora non ci sono. I programmi delle scuole non lo insegnano. E noi guardiamo dalle scogliere ma non capiamo quel che vediamo, e quando qualcosa di quel mondo finisce sulle nostre spiagge, restiamo sorpresi, increduli. Increduli che esistano davvero quelle creature, increduli che siano così vulnerabili, così fragili.
Siamo ancora in tempo, ma dobbiamo capire, dobbiamo imparare a guardare. Il Salento ha fatto passi da gigante in questa direzione. Dieci anni fa le Aree Marine Protette erano viste come una minaccia al progresso e alla libertà, oggi sono viste come un’opportunità di sviluppo. Venti anni fa distruggevamo le nostre scogliere sommerse per prelevare i datteri di mare, perpetrando un disastro ambientale fatto di piccoli gesti: ogni piatto di linguine con i datteri era una martellata sul naso della statua della Natura. Oggi capiamo che la bellezza dei nostri fondali, certificata dall’istituzione delle Aree Marine Protette, è una ricchezza che potrà portare altra ricchezza, a patto che si comprendano i limiti al suo sfruttamento. I limiti non sono limitazioni alla libertà, sono limitazioni alla sopraffazione arbitraria.
Possiamo uccidere i capodogli, o farli morire. Possiamo distruggere le nostre coste, cementificarle e portualizzarle, in nome del progresso economico. Ma poi perché verranno a trovarci? Per gli alberghi? Per i porti? La costa tra Otranto e Leuca ha una valenza ambientale grandissima, perché lungo gran parte di quella costa non c’è niente. Niente. A parte la Natura. Il fatto che non ci sia niente è un patrimonio grandissimo e lo dobbiamo salvaguardare. Se riempiremo quel litorale di strutture recettive avremo distrutto la gallina dalle uova d’oro. Avremo un bell’arrosto, e niente più uova. D’oro. Cosa è “progresso”?
Nella nostra Costituzione c’è la parola Paesaggio. Inteso come “bel panorama”. La costa tra Otranto e Leuca è un bellissimo paesaggio, e i panorami sono stupendi. Dobbiamo salvaguardarli dallo scempio speculativo. Ma non basta. Dentro i paesaggi vivono le specie, la biodiversità. Ne fanno parte. Dai datteri di mare ai capodogli. Quando guardiamo quel panorama dobbiamo sapere che “dentro” ci sono i nostri compagni di viaggio, anche se di solito non li vediamo. La sorpresa di questi giorni, di fronte ai nove mostri, ormai buoni, e non perché morti, denota la nostra ignoranza. Sarebbe come sorprendersi se, da una scuola, a un certo punto uscisse una folla di bambini. La conoscenza della Natura, nonostante gli imperativi biblici, non fa parte della nostra Cultura. Ed è questo limite culturale che ci porta a violentare la Natura, perché non siamo ancora preparati a comprenderla. La formazione di una nuova Cultura, affiancata a quella delle poesie e delle formule, dovrebbe diventare una missione per il nostro sistema scolastico. La nostra Università cerca di dare il suo contributo con il piccolo Museo di Biologia Marina di Porto Cesareo. Ogni anno visitato da undicimila persone, di cui la metà sono studenti. Abbiamo scelto di mostrare i grandi animali carismatici perché i visitatori restano fortissimamente colpiti dall’incontrarli. Come è successo con i capodogli del Gargano. I bimbi degli asili infantili “parlano” con il loro sguardo. Probabilmente quel mostro di otto metri sarà il primo ricordo della loro vita. Probabilmente quell’incontro li segnerà per tutta la vita, e diventeranno cittadini migliori, anche se andranno a dirigere una fabbrica potenzialmente inquinante. La bellezza di quelle forme meravigliose, come le chiamò Darwin, resterà per sempre con loro, e li ammonirà. Non con dotti discorsi scientifico tecnici, come quelli che potrei fare io, e che annoierebbero tutti i lettori. Ma con il sentimento che far morire i mostri è male. Che non si deve fare.
Fa parte del nostro patrimonio culturale il pensare che qualcuno si debba sacrificare per favorire gli altri. L’emblema di questo sacrificio è Gesù. Morto per noi, per farci diventare più buoni. Morto perché ucciso. Non vorrei essere frainteso, non dico che quei nove capodogli siano paragonabili a figure sacre. Ma il loro sacrificio non sarà inutile se rinforzerà il nostro senso di responsabilità verso la Natura, sembrano quasi un segno nei giorni in cui i grandi del mondo decidono, a Copenhagen, se privilegiare la crescita economica o il bene della Natura.
Torniamo sulle nostre scogliere, allora, e guardiamo il mare con altri occhi. Non sorprendiamoci dei suoi esseri, sorprendiamoci se non ce ne sono più. Se muoiono inutilmente.
La cacciata dall’Eden coincide con la condanna al lavoro. Nel Giardino non dovevamo lavorare, bastava allungare una mano per cogliere i frutti della Natura. Quello stato rappresenta davvero un periodo della nostra storia, quando eravamo cacciatori e raccoglitori. Ora siamo agricoltori e allevatori, e lo siamo perché la Natura non può più offrirci quel di cui abbiamo bisogno. Dobbiamo forzarla. In mare no. In mare siamo ancora cacciatori, anzi pescatori. Il mare è l’ultimo Eden. Ma abbiamo superato il limite anche nel mare, e stiamo passando dalla pesca all’acquacoltura. Lo stiamo facendo perché ormai i pesci sono sempre più rari. Non bastano più. Abbiamo ricommesso il peccato originale, e il passaggio dalla pesca all’acquacoltura è la cacciata dall’Ultimo Eden. Non ce ne sono altri.
Certamente saremo puntiti se continueremo per questa strada. La Natura si ribellerà. Nella Bibbia ci sono altre immagini. La biodiversità deve proseguire, e l’Arca di Noè rappresenta la sopravvivenza della biodiversità ai disastri provocati dall’uomo. Resta da chiedere: visto che siamo così stupidi, ci sarà posto per noi nella prossima Arca? E ancora, a quanti esseri impediremo di accedere alla prossima Arca?
L’Università del Salento ha anche il Museo dell’Ambiente, diretto da Livio Ruggiero, dove opera il paleontologo Angelo Varola. Angelo ha trovato un antenato del capodoglio, rinchiuso nella pietra leccese. E lo ha tirato fuori. Aveva i denti nelle due mascelle, e non solo in quella inferiore, come i capodogli di oggi. Quei capodogli non ci sono più, si sono estinti. Si sono estinti quando la nostra specie non era ancora arrivata a far guai su questo pianeta. È normale che le specie si estinguano, come è normale che gli individui muoiano. Ma un conto è morire o estinguersi per cause naturali e un altro conto è se la mortalità viene provocata, perché allora si tratta di un delitto. L’evoluzione e l’ecologia ci insegnano lezioni molto forti, e solo alcuni individui (che non voglio qualificare) si ostinano a ignorarle, o addirittura a negarle. Nulla è eterno e immutato. Le specie si estinguono, e altre evolvono, a prendere il loro posto. Come gli antichi capodogli che vivevano nei nostri mari e che ora sono nelle nostre rocce, sostituiti dai capodogli di oggi, che vengono a morire sulle nostre spiagge. Noi non siamo testimoni di questi eventi, noi siamo protagonisti e siamo anche responsabili di quel che avviene oggi. Quei capodogli siamo noi.