Basti pensare all’ILVA di Taranto: salute umana e ambientale sono state sacrificate in nome dell’economia. Il prezzo che stiamo pagando per questa distorsione di priorità è sotto i nostri occhi. La ripartenza verso la sostenibilità dovrebbe indirizzare gli sforzi verso nuovi sistemi di produzione e consumo. Invece no. La composizione della Task Force governativa per la ripartenza ripete lo schema del passato, con esperti delle sfere economica e sociale, e un po’ di tecnologia. Nessuno con un curriculum che testimoni comprovate competenze nelle scienze della natura e dell’ambiente. Il ritorno alla normalità presenta un grosso problema: la normalità, gli affari come al solito! So con quanta insofferenza i rappresentanti dalle altre sfere vedano le cosiddette Cassandre dell’ecologia, sono una di loro. Le nostre predizioni si sono avverate, ma la lezione non è servita: ancora si chiamano le sfere che non hanno rispettato le priorità della sostenibilità a riparare i loro stessi errori, lasciando fuori dalla stanza chi potrebbe valutare la sostenibilità ambientale delle soluzioni proposte. Le tre sfere sono tutte necessarie per la ripresa; quelle di economia e società non sono sufficienti, se manca la sfera della natura. La comunità scientifica italiana in campo ambientale ha sempre vissuto ai margini della rilevanza per quanto riguarda le scelte governative ma, nonostante questo, esprime competenze di livello internazionale. Abbiamo le risorse intellettuali per contribuire alla ripartenza in modo completo. Sia il nostro governo, sia la Commissione Europea, ammettono la necessità di una maggiore cura per l’ambiente, la casa comune, per trarci fuori dal pantano in cui ci siamo cacciati, ma non si valgono di competenze in campo ambientale per realizzare quel che auspicano. Abbiamo un’opportunità unica, visti gli investimenti per la ripartenza, per sviluppare nuovi sistemi di produzione e consumo che rispettino la natura. L’economia e la società non possono essere sane in un ambiente malato: un concetto elementare, continuamente disatteso. Noi Cassandre continuiamo a dire che si tratta di errori che pagheremo duramente, ma è inutile avere ragione se non si riesce a farla valere. Ci resta la magra soddisfazione del “noi l’avevamo detto”.
[“Secolo XIX” del 15 aprile 2020]