I tempi del coronavirus sono sospesi fra due urgenze uguali e contrapposte: la salute pubblica e l’economia. I governi di tutta Europa, ad eccezione forse di quello della Svezia che continua a tenere tutto aperto, hanno deciso che a prevalere debba essere la prima, in questo condizionati dalla moral suasion esercitata dal mondo scientifico, dall’allarme umanitario lanciato dalle associazioni di volontariato e religiose (si badi bene, non dalla Chiesa, che ha chiuso battenti solo quando vi è stata costretta dalla legge) e dalle grida scomposte dei guitti televisivi e delle star del web. Ancora i due avverbi a collegare le frasi: sebbene l’economia già in recessione non potrà che entrare in depressione, tuttavia la salute pubblica va preservata. In realtà, a proposito della scienza, si è usato impropriamente il termine moral suasion, che proviene dalla politica ed indica un potere di indirizzo esercitato da una figura di istituzionalizzata autorità e riconosciuta autorevolezza (l’esempio di scuola è quello del Presidente della Repubblica). Infatti, non si tratta di un effetto persuasivo ma di un vero e proprio diktat, che la scienza medica ha imposto agli imbelli governanti, facendo aggio sulla conclamata superiorità della ragione positivistica sull’arte della politica. Superiorità, che deriva alla classe medico-scientifica dall’alta missione cui essa è chiamata, quella di salvare vite umane. L’autorevolezza degli scienziati, infatti, anche se non normata legislativamente, si trasforma, in periodi di emergenza come questo, in vera e propria divinità asclepiadea alla quale affidarsi ciecamente, acriticamente, come ad un oracolo nell’antica Grecia. Essa diventa autocratica, assolutistica, perché fondata su una base solida ed imperitura: la paura della gente, della quale si alimenta. Come sappiamo, in particolari circostanze nella storia dell’umanità, il popolo cede parte della propria libertà, se non tutta, ad un despota ritenendo che nel periodo straordinario, egli possa e debba condurre il Paese e reggere le sorti della nazione sostituendosi ai regolari e costituzionali poteri democratici. Così, la gente, preda delle proprie psicosi, cede la propria capacità di discernimento e la affida nelle mani dei professori, i dotti medici e sapienti, i quali riuniti in consesso decretano le sorti dell’umanità. Così il Presidente del Consiglio, il già “Signor nessuno” Conte e il Ministro della Salute, Speranza (perduta), poco gubernanti, nel mare in tempesta dei gravia in corso, dopo un iniziale sbandamento tipico di chi svolge compiti per i quali è palesemente impreparato, melius re perpensa ,decide di affidarsi al potere ippocratico di virologi e immunologi ( i quali mai avrebbero pensato di avere un quarto d’ora di celebrità nella loro vita professionale, schiacciati dalla maggiore popolarità dei loro colleghi più richiesti come pediatri, chirurghi, ginecologi, ortopedici, ecc.). E mentre la drammatica situazione fa sperimentare ad un popolo endemicamente liberale e anarcoide, quale quello italiano, come si viva in una dittatura, il Governo Conte, che infatti doveva essere poco più che un governo balneare, continua ad annaspare in un mare di guai, sforna all’impazzata bizzarri decreti e stanzia risorse già ora scarse per famiglie e aziende, senza nemmeno articolare un piano per la ripresa. Si naviga a vista, insomma.
I tempi del coronavirus si frantumano nei tre puntini di sospensione dell’assioma latino post fata… resurgo. Sebbene l’araba fenice risorga dalle sue ceneri, tuttavia i tempi sono molto lunghi. I due avverbi, ancora una volta, allontanano il momento di una ripresa che sarà lunghissima, ma alla quale i boccaloni italioti, imbecherati dai saltimbanchi mediatici, vogliono stolidamente credere.
In questo momento, anche avanzare proposte o cercare exit strategies per il dopo-coronavirus sembra blasfemo, le polemiche sono bandite; rimbomba solo, nelle teste svuotate di un popolo terrorizzato, la vomitevole frase “state a casa”, trend topic da due mesi.