– Hai paura? – chiese Mario.
– Ora che ho visto tutto questo ben di dio, ho solo fame – disse Paola, e si misero a mangiare.
Mario disse a un tratto: – Rimaniamo anche stanotte?
– Diranno che siamo fuggiti da casa!
– Che c’importa?
Paola non disse niente e fu il segno che valevano le ultime parole del compagno.
La prima notte dormirono in un grande letto matrimoniale, mano nella mano, coi pigiami puliti che avevano trovato nell’armadio. Mario aveva detto: -Vuoi fare l’amore con me?
– No, tu pensi che io sia qui per questo, vero?
– Ma neppure io sono qui per questo.
– Credi che abbiano già dato l’allarme?
– I miei di sicuro hanno sporto denuncia. Ma non ci troveranno, almeno non questa notte.
Stettero a lungo svegli, senza parlare, poi si addormentarono.
Il pomeriggio del giorno dopo avevano bevuto una bottiglia di vino fino a stordirsi e se ne stavano appoggiati alla finestra della sala davanti allo Jonio in bonaccia.
– Che cosa ne sai tu dell’amore? – chiese Paola all’improvviso.
Mario non sembrava per nulla meravigliato di quella domanda, come se essa costituisse il naturale proseguimento di un discorso mai interrotto.
– So solo che ti amo.
Il primo a sbalordire per questa parola fu proprio Mario, cui sembrò che la situazione in cui l’aveva pronunciata avesse per la prima volta denudato quel sentimento fino a renderlo irriconoscibile. Guardava fuori i nidi comparsi tra i rami al cadere delle foglie, dopo che gli uccelli erano andati via; tra le trame degli alberi disegnavano masse scure contro il cielo rosso del tramonto marino. Temette che potesse definitivamente perderla. Ma la sua risposta si franse contro i muri di quella casa incantata, dove qualche grasso borghese trascorreva le sue vacanze tra il lusso e gli agi, provvisto d’ogni merce. L’amore di Mario in quel momento sembrò a Paola privo d’ogni appartenenza, come una voce indistinta del destino, esente di ogni accento possessivo, e di tutto ciò che di meschino il possesso porta con sé nei fatti dell’amore. Paola sentì che all’improvviso una vampa le riempiva di sangue le guance e che nessuna parola allora avrebbe saputo pronunciare senza correre il pericolo di dire qualcosa di insensato. Appoggiò la testa reclina sulla spalla di Mario e guardò in lontananza verso la distesa opaca del mare nel punto in cui anche Mario aveva volto lo sguardo: una barca passava lentamente aprendo una lunga scia bianca che s’andava allargando fino a smarrirsi nell’oscurità delle acque. Se era quella la felicità, se veramente le parole di Mario avevano il potere di evocare l’amore di cui tanto Paola aveva sentito parlare e letto nei libri, allora voleva dire che non si trovava lì per caso, ma perché la voglia di scoprirlo li aveva indotti ad essere lì, in quel luogo sconosciuto e che non apparteneva a nessuno dei due e adatto, proprio per questo, ad ospitare il loro incontro.
Mario la prese per mano e la indusse a sedersi sul pavimento, poi la baciò con facilità sulle labbra che s’erano dischiuse senza alcun timore. E per Paola quel bacio fu una felicità finalmente incontrata dentro di sé, in un attimo che non aveva previsto né atteso. Lì, senza avvertire il gelo del pavimento, essi fecero per la prima volta l’amore.
***
Mario aveva acceso il camino, incurante del fumo che li avrebbe potuti scoprire. Il soggiorno prolungato in quella casa lo aveva reso incauto ed anche Paola sembrava ignara d’ogni conseguenza. La sera fredda filtrava dal mare attraverso le tapparelle semichiuse.
– Dio – chiese Paola, avvolta in una coperta – non è forse l’espressione del nostro più profondo narcisismo?
– Perché dici questo?
– Perché una semplice lettera, la lettera D, non basta a nascondere la vera identità dell’io.
– Allora non diciamo più né io né Dio – disse Mario, scherzando; aveva sentito nelle parole di Paola un certo nervosismo e provava a sdrammatizzare. Tuttavia capiva che Paola stava lottando contro se stessa e quasi intendeva accusarsi di alcunché, e questo costringeva anche lui a fare i conti con se stesso, a sentire il peso e la responsabilità di quanto stava accadendo. Paola ora taceva. Mario ne approfittò per parlarle.
– Rimarrei qui con te per sempre – disse.
Paola rise e, sebbene sembrasse pensare ad altro, rispose: – Anch’io.
– Hai detto io – disse Mario, burlandosi di lei.
– Neppure Dio potrebbe condannarci -, rispose Paola seria, ma ormai rassicurata, e baciò di nuovo Mario, come faceva da tre giorni senza stancarsi.
Non provavano neppure ad analizzare la loro condotta e non sentivano nulla, eccetto il sapore dei loro baci e la voglia di rimanere uniti in quella grande sala affacciata sul mare sempre in bonaccia. Non spettava a loro fare il primo passo verso l’esterno, perché dal mondo degli uomini sentivano che sarebbe venuto solo un rimprovero e una condanna. Essi dovevano rimanere in quel luogo, fino a prova contraria.
E una prova contraria, inconfutabile, venne. Suonò il campanello due, tre volte e contemporaneamente bussarono alla porta d’ingresso con tocchi forti e decisi. Per un attimo i due furono presi da panico. Le mani si strinsero nelle mani, fino a che le unghie non si conficcarono nelle carni. Poi, insieme, Paola e Mario si avvicinarono alla porta e aprirono. Era un carabiniere in divisa.
[1999]