L’economia italiana, la proposta Draghi e il Sistema Sanitario Nazionale nel tempo del Covid-19

Al momento, l’opposizione dei governi tedesco e olandese a questa proposta è motivata dalla minore diffusione del virus in quei Paesi e dalla visione consolidata per la quale la spesa pubblica nei Paesi periferici dell’eurozona è solo fonte di spreco. Si tratta di un argomento che, nella letteratura specialistica, viene denominato ‘moral hazard’: la spesa pubblica in disavanzo incentiverebbe comportamenti opportunisti e allocazione improduttiva di poste del bilancio statale.

Sebbene le proposte di finanziamento della spesa in condizioni di emergenza (inclusa quella di Draghi) siano ragionevoli, esse scontano il problema di non considerare due variabili rilevanti: le aspettative imprenditoriali e la qualità della spesa pubblica. Per quanto attiene alla prima variabile, occorre considerare che gli investimenti privati sono trainati essenzialmente dalle aspettative e che un’immissioni addizionale di liquidità nel sistema non può modificarle. In secondo luogo, le proposte di finanziamento della spesa via monetizzazione non tengono conto dell’uso che i singoli governi faranno della spesa pubblica. Si pensi, nel caso italiano, al fatto che la spesa pubblica è stata prevalentemente orientata in spesa corrente (sussidi, pensioni, reddito di cittadinanza), i cui effetti moltiplicativi sono di gran lunga inferiori a quelli della spesa pubblica in conto capitale, ovvero la spesa che genera uno stock di capitale fisso di lungo periodo e che incide sulla produttività del lavoro.

Vi è poi una considerazione dirimente. Data la velocità di diffusione del virus, la contrattazione con le istituzioni europee potrebbe distogliere l’attenzione dalle inefficienze nella gestione della politica sanitaria in Italia. Appare dunque urgente agire su due fronti: continuare la contrattazione con le istituzioni europee, legando gli Eurobonds al finanziamento del settore sanitario, e contestualmente reperire risorse interne per finanziare quel settore.

Si consideri, a riguardo, quanto è accaduto nei tempi più recenti a casa nostra.

L’Italia ha ridotto drasticamente le assunzioni del personale più giovane e la creazione di posti letto, nonostante il fabbisogno di assistenza medica fosse già aumentato per via dell’invecchiamento demografico. I dati della Ragioneria Generale dello Stato mostrano come il personale dipendente a tempo indeterminato del Servizio Sanitario Nazionale sia passato dai 690 mila del 2008 ai 647 mila del 2017, con una riduzione complessiva di 43 mila unità. In più, è aumentata notevolmente la percentuale di lavoratori precari nel SSN e lo stesso è stato sottoposto a rilevanti privatizzazioni.

Un intervento di finanziamento straordinario in deroga ai Trattati europei vigenti finalizzato all’ampliamento del settore sanitario avrebbe come effetto un maggiore potenziale di innovazione (dal momento che il settore della sanità è sempre stato cruciale per generare innovazioni) e di far fronte ad altre eventuali emergenze derivanti dal progressivo invecchiamento della popolazione. A ciò si può aggiungere che il welfare pubblico ha tradizionalmente svolto la funzione di ridurre l’incertezza.

La variabile cruciale è il tempo. Quanto prima si adottano misure straordinarie di finanziamento del settore sanitario, tanto prima si riduce l’epidemia e tanto prima si riducono le misure di distanziamento sociale. Al ridursi delle misure di distanziamento sociale farebbe inevitabilmente seguito la riapertura di esercizi commerciali e dunque la ripresa dei consumi e delle attività produttive. 

[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di sabato 4 aprile 2020]

Questa voce è stata pubblicata in Economia, Pandemia Covid-19 e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *