Avanti (o) pop! 17. L’apprendistato del letterato

di Paolo Vincenti

All’inizio di questa specie di carriera letteraria in formato avi, mi capitò, mi pare fosse estate, una di quelle circostanze non del tutto piacevoli per chi presenta al pubblico i frutti del proprio lavoro.  Al termine di una delle numerose presentazioni del mio libro, fra le lodi e i complimenti dei partecipanti, di prammatica in queste occasioni, ma naturalmente tutti finti e interessati, scorsi fra il pubblico un viso arcigno, quello di un vecchio rugoso e dalla folta barba bianca, che mi guardava sprezzante, sardonico, quasi irridente.  Mi feci vicino e cercai un pretesto per instaurare un dialogo. Il vecchio non perse l’occasione, sembrava non aspettasse altro, e mi rimproverò una pompa eccessiva in rapporto al contenuto, a suo avviso modesto, del libro. “Dai passaggi ascoltati durante le letture stasera, direi che al libro manchi più di qualcosa per essere il capolavoro che viene dipinto e allo stesso modo al suo autore manchi buona parte, la più consistente, di quel talento a lui attribuito dagli insulsi e ignorantissimi relatori”. Questa affermazione, pronunciata in un sibilo dal vecchio, i cui occhi parevano ancora fiammeggianti ed i modi battaglieri a dispetto della tarda età, fu come un doccia fredda, un getto di acqua ghiacciata in un tepidarium caldo e rilassante, come una puntura di insetto in un bagno di rose, uno schiaffo tra le carezze, uno sputo di veleno in mezzo al balsamo molcente al solito offertomi da un pubblico bonario e compiacente. Tutto preso e compreso dalla mia boria, nell’arroganza che avevo coltivato a causa dell’eccessivo consenso di amici e sodali, pensai che il vecchio avesse qualche motivo personale di astio nei confronti degli organizzatori della serata, tale da portarlo a riversare le sue rampogne su di me. Si sa come nei  nostri piccoli paesi spesso l’invidia o meschine gelosie portino i rappresentanti della cultura a guardarsi in cagnesco  fra di loro o a farsi vere e proprie guerre, a detrimento della comunità e dello spirito di associazionismo.  Ma questo non rendeva meno insopportabile e d’altronde inspiegabile l’inusitata violenza della sua sortita.

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