L’umanità è fragile. Se ce ne rendiamo conto è meglio

di Gigi Montonato

Nei giorni del propagarsi dell’epidemia del Coronavirus, detto Covid-19, nel mondo e nello specifico in alcune aree, compreso il Nord-Est italiano, son venute in mente con insistenza le parole di Giacomo Leopardi. Il grande recanatese ne “La ginestra”, suo testamento spirituale, irride quasi alla presunzione umana quando l’uomo pensa di essere forte, invincibile, eterno. Presunzione che crolla davanti ad una rovina naturale. Non so – dice il poeta – se il riso o la pietà prevale. E si badi che Leopardi pensava ai cataclismi fisici, all’eruzione del Vesuvio, che lo aveva ispirato, ché ai suoi tempi non si poteva immaginare neppure la potenza più devastante e “globale” di un virus influenzale.

Forse si fa male a pensarle certe cose, ma bisogna pur riconoscere che le epidemie nel mondo servono a ricordarci di quanto siamo vulnerabili e fragili; e, purtroppo, cattivi ed egoisti.

Persone provenienti da zone infette sono state respinte, ancorché sane, come appestate. Non solo i paesi stranieri hanno interrotto da e per i viaggi con l’Italia, ma anche gli stessi italiani hanno respinto altri italiani, gli stessi parenti impediti di incontrarsi tra di loro solo perché residenti in comuni a qualche chilometro di distanza, considerati sede di focolai infettivi.

Gli uomini, di fronte a simili pericoli, cessano di essere tali e si comportano peggio delle bestie tanto stupide quanto feroci.

Non ci troviamo, probabilmente, in una simile situazione, per quanto alcuni episodi accaduti potrebbero farlo pensare o temere. Semmai è altro quello che viene di considerare. E’ d’obbligo pensare al fatto che dopo la Cina, paese dove è insorta l’epidemia, nel volgere di pochi giorni, siamo diventati noi uno dei paesi più infetti del mondo, con un numero crescente di contagiati e di morti, ipocritamente definiti “anziani con patologie pregresse”, come se il sopraggiunto virus fosse l’olio santo per l’altro mondo. Aveva fatto gli anni suoi! E già, perché certi uomini si arrogano il diritto perfino di stabilire il numero di anni di vita degli altri.

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