di Guglielmo Forges Davanzati
In una memoria presentata lo scorso 10 marzo, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha formulato la previsione di un calo del prodotto interno lordo, a seguito della diffusione del CODV-19, di rilevante entità per i prossimi mesi. In particolare, e in via del tutto prudenziale, si prevede una caduta dell’attività economica per tutto il 2020 nell’ordine dello 0.9%.
Si stima anche che il rallentamento del commercio internazionale, per effetto della pandemia in corso, potrebbe tradursi per l’Italia in una caduta pari al 5% del Pil su base annua.
Disaggregando il dato, si fa osservare che alcuni settori sono colpiti in modo particolare: il settore manifatturiero e quello dell’auto in primis. In questi settori – viene stimato – potrebbe esserci un crollo delle attività tra il 25 e il 50%. Il turismo, la ristorazione e l’intrattenimento potrebbero subire una caduta del 6% circa e una perdita di oltre 250mila posti di lavoro.
Il Codiv-19 costituisce uno shock sia dal lato dell’offerta sia dal lato della domanda. Dal lato dell’offerta, in quanto blocca temporaneamente la produzione o comunque la rallenta; dal lato della domanda, dal momento che incide con segno negativo sull’andamento dei consumi e degli investimenti privati.
Nel caso italiano, lo shock è amplificato, in considerazione delle condizioni di partenza (ovvero dello scenario macroeconomico pre-epidemia): nell’ultimo trimestre del 2019 il Pil era calato dello 0,3% e le previsioni per il 2020 erano di un timido +0,2%. Confindustria stima che in Veneto, il 25% delle imprese (soprattutto medio-piccole e nel settore del tessile) ha dovuto sospendere la produzione e Unioncamere rileva che in Italia il 28% ha subito conseguenze per il rallentamento della domanda.