di Ferdinando Boero
Circolano molte ipotesi sul Coronavirus. Valutandole, capiremo le cause della pandemia, in modo da rimuoverle ed evitarne di future. Una suggerisce che le particelle inquinanti come le polveri sottili facilitino la fase di transito da un ospite all’altro, anche se i virus all’aperto hanno vita breve. L’epidemia, in effetti, si è sviluppata in aree ad altissimo PIL e, anche, ad alti livelli di inquinamento atmosferico. PIL e inquinamento vanno assieme, e si associano alla pandemia. I leoni da tastiera potrebbero scatenarsi. Nella scienza, però, la correlazione non basta. Mi spiego meglio. Tre individui bevono grandi quantità di whisky e soda, rum e soda, grappa e soda: tutt’e tre si ubriacano. La correlazione più ovvia è tra sbornia e soda. Se si scava più a fondo, però, si scopre che whisky, rum e grappa sono a base di alcol. Esperimenti mirati mostrano che se si beve solo soda non ci si ubriaca, mentre con l’alcol l’ubriacatura è certa. La soda non fa ubriacare! Anche se a prima vista i dati sembravano mostrarlo. Quindi, potrebbe essere un caso che la pandemia sia più virulenta dove PIL e inquinamento sono alti. Ovviamente, se un malato proveniente da aree ad alto PIL partecipa a una riunione conviviale in aree a basso PIL, il contagio arriva lo stesso, spiegando i focolai in aree a basso PIL. Aver fermato tutto ha fermato anche l’inquinamento e in Cina l’epidemia si è fermata. Da una parte perché i contatti tra umani sono diminuiti, ma è anche successo che l’inquinamento atmosferico sia diminuito radicalmente. I cinesi hanno rivisto il blu del cielo. Tutto questo non basta: dovranno mettere in atto regole igieniche molto strette per evitare che il commercio di animali selvatici vivi porti a ulteriori contagi, perché pare che la scintilla sia venuta da lì. Ma poi i vettori sono stati umani: in Lombardia non mangiano i pipistrelli.
Tutto questo ci insegna che nei sistemi complessi molte cause concorrono a determinare un effetto. Trovare la correlazione tra un effetto e una causa non significa che sia solo quella causa ad averlo determinato. Le cause della pandemia sono probabilmente moltissime: commercio di animali vivi, alta densità di popolazione, alta produzione e alti tassi di inquinamento, globalizzazione attraverso viaggi veloci, distruzione di habitat naturali che concorrano a pulire l’ambiente (appena ci fermiamo, l’ambiente torna a condizioni quasi ottimali). Per far fronte a questa epidemia ci teniamo a distanza gli uni dagli altri, cerchiamo di sviluppare una cura che possa rimuovere l’infezione, e sviluppare un vaccino che la prevenga. Ma questo risponde alle cause prossime: c’è l’infezione e dobbiamo rispondere. Assieme alle cause prossime, però, concorrono le cause ultime: in questo caso di natura ambientale e igienica. Non basta rimuovere le cause prossime (con la medicina) bisogna anche rimuovere le cause ultime (con le scienze dell’ambiente). Non ci sono umani sani in un ambiente malato.
Questa esperienza ci mostra che puntare solo sulla crescita del PIL, senza curare la salute umana (ad esempio riducendo le strutture sanitarie) e quella dell’ambiente non è buona politica. Tagliare sanità e ambiente riduce le spese immediate ma ci espone a rischi insostenibili, perché prima o poi qualcosa di “strano” avviene e il tanto osannato PIL crolla. Non abbiamo risparmiato sugli armamenti pensando a possibili rischi di guerra, ma ora è la natura che ci ha dichiarato guerra, e le armi che abbiamo non servono a niente.