1. Lesbo
Oggi Lesbo non è l’isola bella
dove gli altari profumano d’incenso
e l’acqua fresca fruscia in mezzo ai meli,
né rose rosse
.
ombreggiano l’erba umida dei prati.
A Lesbo non giungono fanciulle
sbarcanti da navi infiorate
desiderose
.
di eleganza, di musica e d’amore.
Oggi rovinano sugli scogli aguzzi
gommoni di plastica stipati
di donne anziane,
.
di uomini, di bimbi e di lordura.
E non li accoglie un tiaso profumato
né un simposio coronato di fiori
bensì la melma
.
di un campo recintato con il ferro
irto di spine, dove sul duro suolo
consumano acqua sporca ed un boccone
di rude pane.
.
.
Contro il ghiaccio che rapprende l’acqua
bimbi si coprono di ruvidi mantelli.
Gli ulivi di Moria, un tempo argentei,
più non ricoprono
.
prati odorosi di cardo e meliloto,
ma tende d’uomini arresi alla sventura
che degli uomini anche il degno aspetto
hanno perduto.
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2. Sull’Evros*
Evros, ma dove stanno le fanciulle
che spalmano acqua sulle belle cosce
presso le rive entro cui trascorri
maestosamente?
.
Tu non muggisci più per la tua corsa
ma per scoppi che esplodono col fumo
e per le grida dei bersagli inermi
sbattuti contro
.
filo spinato teso al contrattacco,
mentre giovani coi gesti dell’acrobata
appesi a un filo sfidano le onde
audacemente.
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3. Chio
Sulle rocce di Chio – brandelli di plastica rossa
denunciano umane presenze – ormai dileguate:
predoni del mare – che pronti all’attacco s’acquattano
o naufraghi – scampati alla furia delle onde
che attendono dietro le rocce – umano ricovero?
Così Ulisse, sbattuto – contro gli scogli di Scheria,
dentro un cespuglio – nato sotto un ceppo d’ulivo
attese che ancelle feacie – con grida gioiose
lo ridestassero – alla vita e all’ospizio sperato.
Non che gli invisibili naufraghi – regali accoglienze s’aspettino
in una reggia – con canti e giochi, feste e banchetti
ma almeno che non siano respinti – nel mare ondoso
e ottengano un pane modesto – e uno sguardo fraterno.
Sopra le rocce, – che dominano l’aspra scogliera,
l’ombra di Omero – dalla vicina casa degli Omeridi
accorre lieve – e, col suo canto, garante
si fa della legge ospitale – che il popolo greco
professa in eterno: – accogliere sempre chi arriva.