Occorre un’inversione di rotta rispetto a quanto fin qui realizzato, passando per un più incisivo intervento pubblico in economia, soprattutto in alcuni settori strategici: scuola, formazione universitaria, trasposti e logistica in primo luogo.
Si tratta dell’ipotesi di Stato innovatore di prima istanza, ovvero dell’ipotesi per la quale l’aumento delle assunzioni nel pubblico impiego genera incrementi di domanda nel breve periodo e aumenti del tasso di crescita nel lungo periodo.
Le coperture finanziarie potrebbero essere reperite a condizione che vi sia la volontà politica per farlo. Si tratta in sostanza di reperire risorse attraverso l’anticipazione del rimborso dei titoli del debito pubblico, attraverso la rimodulazione del reddito di cittadinanza e attraverso un uso congruo del fondo di coesione sociale.
L’aumento dell’occupazione giovanile, soprattutto di individui con elevato titolo di studio, ha un duplice effetto:
- Rilancia la domanda interna, contrastando la deflazione in corso
- Tiene elevata la produttività del lavoro.
Il primo effetto è di breve periodo, mentre il secondo effetto trova la sua realizzazione in un intervallo di tempo più lungo. L’attuazione di tale programma necessita di evitare una logica breve-periodista finalizzata all’acquisizione di consenso e – auspicabilmente – richiede un coordinamento sovranazionale. In più, una politica di bassi salari consente alle imprese di competere via riduzione dei costi di produzione, dunque non innovando.
E’ evidente che una pubblica amministrazione più efficiente consente alle imprese private un più rapido turnover del capitale tecnico, ovvero una più elevata intensità della produzione e della vendita di beni e servizi,
L’Italia ha sperimentato per molti anni politiche di segno opposto rispetto a quella qui suggerita; politiche che hanno portato la nostra pubblica amministrazione ai livelli minimi per quanto attiene al numero di addetti, attualmente inferiore alla media europea. Queste misure sono state combinate con politiche fiscali restrittive combinate con politiche monetarie espansive. Si è, cioè, ritenuto che è solo aumentando la massa monetaria in circolazione, ovvero riducendo i tassi di interesse, che ci si può aspettare un aumento degli investimenti privati.
Ciò è accaduto solo in parte, dal momento che gli investimenti sono trainati in primo luogo dagli ‘spiriti animali’ degli imprenditori, dunque da ondate di ottimismo e di pessimismo che si generano all’interno della comunità imprenditoriale.
Il Governo in carica può al più creare le condizioni che permettono alle nostre imprese di essere competitive sui mercati internazionali, incentivandole ad accrescere la produttività del lavoro attraverso incentivi alle innovazioni.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” del 10 marzo 2020]