Italia pensante 12. Rosanna Petrillo e la coscienza dell’io in William James

Grazie alle scoperte di Binet, Janet, Breuer, Freud, Prince, Myers e altri, James riconosce – scrive Rosanna Petrillo – che “la coscienza dell’io appare loro scomponibile in una pluralità di campi psichici scissi, discontinui, in una molteplicità di stati dissociati: come nelle personalità multiple, così nelle anomalie meno gravi, la vita psichica risulta distribuita in zone separate, segnate da ‘margini’, ‘centri’ mobili, periferie, ‘parti calde’ e ‘parti fredde’, ed è quest’articolazione della dinamica psichica che comincia a caratterizzare non solo i soggetti ‘malati’, ma anche i ‘normali’. Da questo momento in poi, perciò, negli scritti psicologici di James, la nozione di campo psichico si affianca ed è sempre più preferita a quello di flusso […] La scissione della coscienza in campi separati dell’esperienza, nonché l’irruzione patologica degli elementi psichici scissi e di pensieri estranei nell’io primario del soggetto, sono i fenomeni per la comprensione dei quali la psicologia jamesiana è obbligata a caratterizzare in chiave sempre più dinamica e topica il modello del campo psichico” (pag. 190).

Tutto ciò è molto giusto, con una sola eccezione. Non posso accettare l’opinione che il merito di scoprire l’inconscio spetti alla psichiatria ottocentesca cioè Pierre Janet, Freud ed altri. Prima di loro le dimensioni delle zone dell’inconscio nel mondo interno dei soggetti normali e la loro provenienza dalle “percezioni insensibili” le ha messe in evidenza il filosofo Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716) nei Nouveaux Essais sur l’entendement humain (scritti nel 1704, pubblicati nel 1765).

L’osservazione di Rosanna Petrillo che “allontanandosi da Janet, James arrivò a sostenere che nella scissione dell’unitarietà della coscienza non va vista una forma degenerativa della vita e delle potenzialità del soggetto, ma addirittura la possibilità di una dilatazione del senso dell’esperienza” (pag. 191) è molto giusta, ma non dimentichiamo che i processi di formazione dell’inconscio sono stati normali e sani già per Leibniz.

La memoria di Rosanna Petrillo è un lavoro serio, ricco di informazioni importanti. La più importante si nasconde però in una modesta nota (l’ultima): “Per le ricerche jamesiane in tali campi rinvio al mio Il senso della presenza. Saggio sull’esperienza religiosa in William James, ed. La città del sole, Napoli 1997”.

Purtroppo non conosco questo libro e ci sono almeno due ragioni per le quali dovrei studiarlo. La prima è che cinquant’anni fa anch’io ho scritto un saggio sull’esperienza religiosa, che fu pubblicato come prefazione alla seconda edizione della traduzione polacca di Doświadczenia religijne di William James (Warszawa 1958). La seconda ragione, molto più importante, è che il concetto di “presenza” è una delle categorie centrali del mio sistema filosofico. I lettori italiani di “Presenza Taurisanese” lo sanno bene, perché nel 1993 ho pubblicato il saggio Del significato e del valore della presenza (anno XI, nr. 1).

[“Presenza taurisanese” anno XXXVIII n. 2 – febbraio 2020, p. 12]

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