di Gianluca Virgilio
C’era una volta, non tanto tempo fa, una bambolina di nome… Bambolina, con la B maiuscola, perché era molto speciale. Viveva tra molte altre bambole di tutte le dimensioni, grandi, piccole e mezzane, posate sui divani, sulle mensole, sugli armadi, dovunque ci fosse posto nella cameretta di Sara. Chi era Sara? Era la padroncina di tutte quelle bambole, una bambina esile esile, dalla vocina flebile flebile, dalle guance bianche bianche, che aveva come suo unico trastullo quelle bambole, tutte, sì, ma sopra tutte Bambolina, perché, come ho detto, Bambolina molto era speciale. Volete sapere che cosa aveva di molto speciale Bambolina? Ve lo dico subito. Non appena Sara si addormentava, essa subito, come per incanto, apriva gli occhi, cioè non apriva gli occhi, perché già ce li aveva aperti tutto il giorno, ma muoveva le palpebre, e le sue lunghe ciglia facevano su e giù come grandi ventagli; e la testa si animava, e poi le mani e le braccia e tutto il corpo sembravano prendere vita, così, improvvisamente, e Bambolina si ritrovava tra le altre bambole di plastica, tutta piena di voglia di camminare, di saltare e di cantare, come se fosse una bambina in carne ed ossa.