Scene da un funerale

A quel punto, l’impresario fa capire a tutti che occorre prepararsi per il drammatico momento e sigilla la bara per il trasporto. Allora si levano più strazianti i lamenti dei famigliari. Su tutti, spiccano quelli della vedova inconsolabile e delle figlie femmine, mentre se a dipartire è lei, il vedovo resta contrito in un cupo silenzio e a volte leva gli occhi al cielo in un gesto di sfida e di ingiuria. Circola infatti, nel comune sentire dei nostri paesi, la stramba teoria secondo cui in una famiglia, se è proprio necessario che uno dei coniugi perisca prima dell’altro (e in effetti morti simultanee se ne vedono di rado), sia lui, il marito, a precedere, perché in questo modo la casa rimane aperta e frequentata (in poche parole la vita continua a scorrere come sempre, fra beghe famigliari, pettegolezzi e vendette incrociate). Se invece a decedere è lei, la moglie, allora comari, compari, figli e amici non hanno più interesse a frequentare la casa e lasciano il vedovo spegnersi  nella solitudine e macerarsi nello sconforto. Dopo la funzione religiosa e il rito più o meno lungo delle condoglianze in chiesa, il feretro viene sistemato di nuovo nell’auto e ci si avvia al cimitero per la tumulazione. Qui, il corteo di macchine che ha accompagnato la Mercedes funebre si sfalda e ognuno fa ritorno a casa e alle proprie occupazioni quotidiane. A volte, nel nostro sud sottosviluppato, si incontrano delle sopravvivenze folkloriche come quella delle chiangimorti. Per tornare a bomba, al funerale di cui parlavo, non mi sembrava vero, in quell’occasione, quando incontrai un drappello di pie donne, moderne “prefiche”, assoldate dai congiunti per conferire ancora più pathos all’atmosfera di lutto.  Non riuscivo a credere a quello che vedevo, che io pensavo fosse ormai confinato nei libri e in quei rari documentari in bianco e nero girati nel Salento di qualche decennio fa. Credevo si trattasse di una finta, cioè una ricostruzione inscenata a vantaggio di telecamera e mi aspettavo che da un momento all’altro sbucasse fuori la troupe di cameramen e antropologi interessati. Invece era tutto vero, e ai lai delle chiangimorti si univano le urla disperate della moglie e dei figli del morto, in una scena davvero straziante. All’uscita da casa poi, il lento corteo funebre fino alla chiesa venne accompagnato dal mesto suono della banda e anche questa è una tradizione che va ormai a scomparire. Fui colpito dall’attaccamento, dall’amore muliebre, dalla devozione filiale. Anche al camposanto, nel luogo della sua ultima residenza, venne allestito per il de cuius un sontuoso sarcofago, che, per quanto kitsch, era davvero imponente.  Dunque, trovandomi al cimitero qualche mese dopo, sono stato attirato dall’odore nauseabondo che promanava dai fiori appassiti sulla tomba del mio conoscente. Chissà da quanto marcivano. Strano.  Sono poi venuto a sapere da chi è sempre informato su tutto che, appena incassata la cospicua eredità del defunto, i figli hanno mollato il lavoro e si sono trasferiti ad Ibiza dove gestiscono una discoteca. La moglie invece, insieme ad un compaesano con il quale intratteneva loschi affari da molti anni prima della dipartita del becco, si è trasferita in Olanda dove, grazie alla legislazione vigente in materia di prostituzione, fa la tenutaria di un bordello, mentre il compagno trascorre da magnaccia le giornate, bevendo e mangiando a ufo e fumando il narghilè. Tutto vero, mi hanno confermato, vedendomi leggermente incredulo. Eh sì, vecchia storia, quella della coerenza fra il dire e il fare, vecchia come il cucco e molto di più di un vecchio bacucco.

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