di Antonio Errico
Il 3 di febbraio, a novant’anni, è morto George Steiner. Un maestro della critica; uno dei più grandi critici del Novecento europeo; professore nelle università più famose del mondo: Cambridge, Princeton, Ginevra, per esempio. Intellettuale lucidissimo, appassionato; pensatore dai molti attraversamenti disciplinari e dalle rigorose analisi testuali. Saggista acutissimo, raffinato.
Non ho tutti i libri di Steiner, purtroppo. Ne ho soltanto undici. Ho ripreso quello che si intitola I libri hanno bisogno di noi. Dove dice che il potere indeterminato dei libri è incalcolabile, perché uno stesso libro, una stessa pagina, uno stesso passo o verso o parola, possono avere sui lettori gli effetti più disparati. Possono esaltare, avvilire, sedurre, disgustare, indurre alla virtù o alla barbarie, accentuare la sensibilità o banalizzarla. Un libro provoca reazioni diverse in relazione al luogo, al tempo, alla condizione in cui viene letto. Uno stesso libro può essere originale oggi e scontato domani, profondo o superficiale in relazione alla nostra disponibilità sentimentale, può attrarre irresistibilmente per qualche minuto e distrarre irrimediabilmente il minuto successivo. Le reazioni nei confronti di un libro, e anche i suoi stessi significati, dipendono dalla ragione e dall’emozione di ogni lettore. Di quella ragione e di quell’emozione i libri hanno bisogno. Hanno bisogno di noi, del nostro pensiero. Senza un pensiero sono soltanto oggetti, inutili, a volte anche ingombranti. Hanno bisogno di un dialogo che metta in confronto i pensieri, quelli portati da colui che li ha scritti e quelli portati da colui che li legge. Hanno bisogno di lettori diversi, di stratificazioni concettuali, di analisi, di interpretazioni, di interrogazioni che attendono una risposta, di ipotesi, di opinioni, di condivisioni e di contrasti.