Forse Salinger sentiva che tutto il suo tempo, tutta la sua storia, tutta la sua esperienza di uomo, apparteneva soltanto e definitivamente a quel mondo, che poteva avere relazioni soltanto con coloro che come lui appartenevano a quel mondo. Il mondo vero era diventato una menzogna; il mondo reale era quello procreato da una finzione.
Sono molti i motivi per cui “Il giovane Holden” è stato il romanzo di intere generazioni. Uno è quello delle domande per le quali non si riesce a trovare una risposta. Il personaggio di Salinger le sintetizza tutte in una domanda da vertigine: “Senta un po’, -dissi. – Sa le anitre che stanno in quello stagno vicino a Central Park South? Quel laghetto? Mi saprebbe dire per caso dove vanno le anitre quando il lago gela? Lo sa, per caso?” .
Ognuno di noi fa, a se stesso e agli altri, domande per le quali non trova risposte. Ogni generazione fa domande per le quali non trova risposte. Qualche volta le rivolge a qualcuno. Qualche volta se le tiene dentro. L’importanza non è motivata dalla domanda che viene posta ma dalla risposta che non viene data. Accade spesso che non si riesca a dare una risposta alle domande formulate dalle generazioni che vengono. Accade in questo tempo, per esempio. Le generazioni che arrivano fiondano domande alle quali non sappiamo rispondere. Spesso sono domande che riguardano il futuro, che riguardano le cose che non facciamo per la predisposizione del futuro. Riguardano il nostro impegno, le nostre cognizioni, l’orizzonte che scrutiamo, le strade che percorriamo, i progetti che elaboriamo. Riguardano la conoscenza e la consapevolezza dell’alternativa. Quando il lago gela, da qualche parte le anatre dovranno pure andare.
A volte le domande scivolano silenziose; a volte scorrono sotterranee; a volte rimbombano.
Qualche volta viene da pensare che si potrebbe rispondere con un racconto capace di accomunare esistenze. Ma forse, noi, oggi, non abbiamo un racconto che abbia questa capacità. Non abbiamo un racconto collettivo, sociale.
I nostri sono racconti disarticolati, frammentari, sfilacciati, incoerenti, sconnessi. Solitari. Sono racconti che non si incontrano, fatti con linguaggi completamente diversi, per cui non riescono ad accomunare. Le generazioni che arrivano hanno racconti con una sintassi e un lessico completamente diversi da quelli delle generazioni che trovano.
Probabilmente, uno degli elementi fondamentali della coesione sociale è il racconto comune: la narrazione che stabilisce, ribadisce o rafforza le condizioni di prossimità, di solidarietà, di appartenenza, che propone progetti da condividere, che annoda le visioni del mondo e della storia, che promuove l’incontro fra realtà e identità differenti, che consente di rivelare, conoscere e comprendere colui che è sconosciuto, le storie che sono sconosciute.
E’ il racconto che sa dare una risposta a chi vuole sapere dove vanno quando il lago gela, le anatre di quel laghetto a Central Park South.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 2 febbraio 2020]