I nostri storici e critici – intendo dire i locali – di Corvaglia hanno parlato e scritto in più occasioni. Note le riflessioni di Mario Marti, di Donato Valli, di Aldo Vallone, di Oreste Macrì fino a Luigi Scorrano, Gino Pisanò e Cosimo Scarcella, che nella circostanza del cinquantenario della morte ha pubblicato il saggio “Introduzione allo studio di Luigi Corvaglia da Melissano” (2017), primo approccio complessivo al personaggio Corvaglia, allo scrittore e al filosofo, e riedito a sua cura “La poetica di Giulio Cesare Scaligero nella sua genesi e nel suo sviluppo” (2018). Sui loro giudizi tuttavia poteva far velo la legittima suspicione della conterraneità, che quando non pesa in un senso può pesare in un altro. Era, perciò, avvertita l’esigenza di conoscere Luigi Corvaglia sine ira et studio, fuori da ogni provincialismo, per la conferma di quanto detto o per nuove ipotesi valutative.
La tre giorni, 21-22-23 novembre, seguita alle celebrazioni di tre anni prima (1966), per il cinquantenario della sua morte, come si è detto, ha colmato questa lacuna, o quanto meno ha cominciato a colmarla, perché a parlarne, questa volta, oltre ai locali, sono stati altri, venuti da fuori, e giovani studiosi che il Corvaglia non hanno potuto conoscere di persona. Della qual cosa occorre dare giusto merito a quanti sono stati coinvolti nel progetto: il prof. Cosimo Scarcella, che a tratti è apparso eroico, fondatore del neonato Centro Studi Corvagliani, di cui è presidente onorario, vero animatore dell’evento; l’Amministrazione Comunale di Melissano, sindaco avv. Alessandro Conte; l’Università del Salento nelle persone del prof. Antonio Lucio Giannone, che ha seguito e partecipato a tutti i lavori di questi tre anni, del prof. Giancarlo Vallone e del dr. Mario Carparelli. Sono stati impegnati anche giovani studiosi locali: Simone Giorgino, Fabio D’Astore e Irene Giannì di UniSalento; Alberto Nutricati e Mario Carparelli del Centro Internazionale di Studi Vaniniani.
Da fuori: gli italianisti Andrea Gialloreto, docente di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università di Chieti-Pescara, e Marco Sirtori, docente di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università di Bergamo; i filosofi Sossio Giametta, traduttore e studioso tra i più autorevoli di Nietzsche, e Giuseppe Girgenti dell’Università Vita e Salute San Raffaele di Milano, dirigente culturale della Bompiani.
Tre i luoghi degli incontri, tutti e tre corvagliani: Melissano, luogo natale di Corvaglia, per l’inaugurazione del Centro Studi; Lucugnano, sede dell’Accademia Salentina, di cui Corvaglia faceva parte, per la serata letteraria; e Leuca, dove Corvaglia aveva una casa intitolata “Agli dei terminali”, per la serata filosofica.
Di carattere istituzionale il pomeriggio melissanese del 21 novembre, di merito gli altri due appuntamenti, di Lucugnano e di Leuca. Il pomeriggio di Lucugnano, in Casa Comi, è iniziato con un’introduzione all’evento ricca di riferimenti al personaggio Corvaglia, al suo carattere difficile e scostante, alla sua “solitarietà”. Ha aperto i lavori, per dovere di ospitalità, Luigi De Luca, direttore del Polo Bibliomuseale della Provincia di Lecce. Il Sindaco Conte non si è limitato al suo ruolo istituzionale ma ha fatto alcune interessanti annotazioni relative a Corvaglia in esergo. Cosimo Scarcella ha tracciato un breve profilo dello studioso, rimarcandone gli aspetti politici e sociali fra studio e operatività, pensiero e azione, spiegando le ragioni per le quali Corvaglia finiva sempre per scontentare tutti, i ricchi pari suoi per un motivo i contadini per un altro, sempre nel prevalere dell’incomprensione. Scarcella ha ricordato anche le iniziative socio-economiche di Corvaglia, fra cui la bonifica di duecento ettari di terreno paludoso, la fondazione di una cooperativa agricola e i suoi tentativi di dare una coscienza civica e sociale ai contadini.
Interessanti le relazioni dei due professori ospiti. Andrea Gialloreto si è occupato del teatro di Corvaglia, un teatro di lettura e non di scena. Lo ha definito uno scrittore anomalo, che tentava soluzioni insolite e diverse, non in linea col teatro del tempo. Delle quattro commedie lo studioso ha puntato l’attenzione su “La casa di Seneca”, che a differenza delle altre presenta più elementi di vivacità. Marco Sirtori ha fatto un’analisi accurata di Finibusterre, un romanzo – ha detto – di stampo ottocentesco di difficile definizione, dimostrandosi scettico sull’autodefinizione di Corvaglia, come di un “romanzo di trasfigurazione”, che non ha precedenti nella tradizione critica italiana. Simone Giorgino, che si è servito del computer per accompagnare immagini e testi, si è occupato dei luoghi del romanzo in connessione con la prosa espressionistica di Corvaglia. Sulla commedia “La casa di Seneca” si è soffermato Fabio D’Astore.
Nella sessione di Leuca, come era prevedibile, dopo l’introduzione di Scarcella sul Corvaglia filosofo e politico, ha dominato la polemica del plagio vaniniano. Così nella relazione di Irene Giannì, che ha parlato del confronto epistolare tra Corvaglia e Cesare Teofilato sulla questione Vanini; così in quella di Mario Carparelli. Del saggio corvagliano sulla poetica dello Scaligero ha trattato Alberto Nutricati. Il plagio è tornato in chiusura nel confronto Giametta-Girgenti. Dotto excursus di Girgenti sul plagio, sulle sue tipologie e variabili nella storia. Perentorio il finale di Giametta: Vanini è filosofo originalissimo, si colloca nella linea Bruno-Spinoza e precorre Nietzsche. Corvaglia – ha concluso Giametta – risulta essere stato un uomo e un intellettuale ricco di umanità e complesso, che va studiato e approfondito.
Per affermare quante e quali novità abbia evidenziato questo convegno occorre aspettare la pubblicazione degli atti, la lettura dei quali consente una maggiore e più puntuale riflessione. Per ora si può dire che quanto di lui si conosceva ha trovato in buona sostanza conferma nelle valutazioni degli studiosi venuti da fuori e dei più giovani. Il che depone bene sia per la critica locale, onesta e rigorosa, sia per lo stesso Corvaglia, che da questo convegno esce più ricco di valori umani e di aspetti culturali.
[“Presenza taurisanese” anno XXXVIII n. 1 – gennaio 2020, p. 9]