di Giuseppe Spedicato
La storia dimostra che la guerra è il più grande dei crimini, la più grande tragedia, nonostante ciò continua a compiersi e non vi è aggressore che non giustifichi questo orrore con qualche pretesto: la religione, la democrazia, la giustizia. Ogni volta si trova una giustificazione, soprattutto quando non si risponde ad un’aggressione armata. Non è raro che si eviti di parlare di guerra, si preferisce definirla: operazione di polizia internazionale, ingerenza umanitaria o altro ancora.
Negli anni Novanta dello scorso secolo, con la fine della “guerra fredda”, ci si era illusi che il mondo sarebbe stato più pacificato e che ciò avrebbe favorito un maggiore sviluppo, una maggiore giustizia sociale. La realtà ci dimostra che da allora il mondo forse è ancora più in guerra. La fine della “guerra fredda” ha creato ancora più tensioni sia all’interno di molti paesi, che tra paesi. Sono molte le guerre in corso e parte di queste sono “guerre dimenticate”, secondo il Report del Norwegian Refugee Council, sarebbero almeno dieci[1]. Guerre di cui non parla nessuno o non se ne parla a sufficienza: Repubblica Democratica del Congo, Donbass (Ucraina orientale), Camerun, Burundi, Repubblica Centrafricana, Palestina, Mali, Etiopia, Venezuela, Libia. A queste potremmo aggiungerne altre, che durano da decenni, come quella in Myanmar e quella nell’ex Sahara Spagnolo. Secondo il Norwegian Refugee Council, alcune guerre ricevono poca attenzione per una mancanza di interesse geopolitico, ma anche perché le persone colpite potrebbero sembrare troppo lontane e troppo difficili da identificare, inoltre potrebbe essere anche il risultato di priorità politiche contrastanti.