Itali-e-ni 32. Elogio del matrimonio

Come scrollarsi di dosso secoli e secoli di oscurantismo per il nostro Paese, erede della civiltà mediterranea e la cui cultura è imbevuta della tradizione ebraico cristiana? Come lavare l’onta dell’infedeltà coniugale in tanto bigottume e moralismo? Ci ha provato la legge. Oggi l’adulterio non è più considerato un reato, ma solo una motivazione nelle cause di separazione legale e poi di divorzio. E a proposito di divorzio. Come far terminare quella secolare pantomima della famiglia tradizionale nucleare di cui l’Italia (“s’è desta”) è sempre andata tanto fiera? Insomma, come aggiornarsi e mettersi al passo dei tempi, a confronto con gli altri paesi più evoluti in cui certi fascistissimi retaggi sono ormai un ricordo? La classe politica e il legislatore hanno cercato di far progredire il nostro Paese, di santi navigatori ed eroi, sul cammino delle libertà e della laicità.

Le nuove norme sul divorzio breve permettono alle coppie di chiudere la loro esperienza comune e di darsi più velocemente il ben servito, in appena sei mesi. Questo rischia di dare un calcio ulteriore alla famiglia tradizionale, se non come immediata conseguenza, almeno come effetto collaterale. Infatti, pur non essendovi un nesso di causalità diretta fra il provvedimento legislativo 6 maggio 2015 n.55 e la crisi che vive oggi la famiglia, non possiamo non farci lambire dal sospetto che la straordinaria impennata di separazioni e divorzi registrata negli ultimi anni possa essere attribuita alla facilità con cui ci si sposa e ci si lascia. Se più facile oggi è diventato impalmare la propria compagna o compagno –  vedi trasmissione televisiva “Matrimoni al buio”, su Real time, in cui  6 singles incontrano e scelgono di sposare un perfetto sconosciuto – ,  altrettanto  facile è mollarsi a cuor leggero.

Bene, allora, tutto bene? Ma neanche per ischerzo!  Se muore la famiglia tradizionale, muore anche quel sottile piacere di trasgredire i suoi codici morali, il perverso gusto di minarne le fondamenta, di scardinarne il solido basamento fatto di metodo, regole e principi.  Così morirà anche l’adulterio e una bella scopata extra coniugale non serberà più quel piacere del proibito, il gusto fortamaro dell’avventura, il sapore piccante della clandestinità. Se non c’è matrimonio, non c’è adulterio. Tutto allora assumerà i contorni della banale quotidianità, della più noiosa routine. Senza l’eccezione, a che vale la regola? E dice bene Maria Roccasalva in “Elogio dell’adulterio” (Pironti Editore 2010), sapida e provocatoria difesa del tradimento: “La colpa è del Progresso: si è cominciato con l’uccidere il chiaro di luna e si è finito col far morire l’adulterio. Del caro estinto è stata estinta infatti la sua linfa vitale: il Reato”.  A cosa serve citare Marinetti: “Il matrimonio è un’istituzione contro natura, per fortuna mitigata dall’adulterio”?  Quel desiderio di annullamento selvaggio, il cadere fra le braccia del proprio amante, l’ansia, le palpitazioni, il gioco sottile della dissimulazione, l’esercizio della fantasia, quel fuoco lavico della passione, il piacere di un incontro fuori dalle regole, della clandestinità: tutto ciò ha un senso se è in vita il suo opposto, il matrimonio. La somma trasgressione che consiste nelle relazioni extra coniugali perde di valore se il matrimonio si può cassare con un colpo di mouse: niente coniugio, niente extra. L’arrapamento ne perde. Ciò è tanto più vero per la donna. “Viene da piangere se si pensa come il progresso abbia così alacremente e protervamente lavorato a privare i cittadini di sesso femminile del diritto all’unico atto di eroismo concesso loro attraverso i millenni…”, scrive  Maria Roccasalva. “L’adulterio era l’unica libertà di cui la donna si fosse potuta appropriare, una libertà nascosta, invisibile, che osava affermarsi solo nel chiuso di una stanza, e per questo infinitamente più conturbante di qualsiasi rivendicazione gridata in faccia. Era il peccato per antonomasia, la somma trasgressione, sensuosa, struggente, erotica ed eretica. La donna che si riappropriava del suo ruolo demiurgico e creativo, fonte inesausta di lancinante godimento e incessante generatrice di carne; la donna che incedeva a testa alta e occhi bassi, col suo segreto celato dietro la veletta. Quanto è stato perso con la liberazione sessuale e la parità dei diritti!”. Se non si può essere d’accordo con l’autrice su quest’ultima affermazione, è d’altro canto vero che “La donna, all’epoca dell’adulterio-reato, era un essere intangibile e lontano: totalmente presente, non avrebbe aizzato il desiderio di possesso del maschio. Era l’interdetto, cioè il sacro, condizione necessaria e sufficiente a far di lei una divinità spietata sul cui altare immolare vite e fortune. Tutto cominciava con la danza propiziatoria del maschio intorno al frutto proibito, con il linguaggio furtivo dello sguardo, al quale essa rispondeva con verecondo pudore, arrossiva, si schermiva…  spesso non era necessario accendere i sensi col fuoco delle parole, bastava il contatto lieve della mano a scatenare la deflagrazione del desiderio… e nell’attimo in cui gli sguardi si incrociano, ecco scoccare l’irreparabile.  ‘Sono perduta!’ … Questa tentazione condivisa aveva il nome tripudiante di concupiscenza, un insieme di febbre e desiderio selvaggio, di annullamento nella lava ardente e liquida della passione e al contempo un situarsi fuori di se stessi e guardarsi annegare…”. Come ha ragione in questo caso l’autrice: “Con il matrimonio elevato a sacramento, la Chiesa, con notevole buon senso, ha fatto come con i dogmi… e infatti già nel concetto di indissolubilità del matrimonio, per la Chiesa, era implicito l’adulterio…”.  In effetti, quanto eccitata può arrivare una moglie, e bramosa di scopare, quando è in fuga da un marito monotono e scassapalle? Quanto assatanata e selvaggia può essere la fedifraga, quando ha astutamente abbindolato il proprio consorte?  “Ma il legislatore, spinto paradossalmente proprio dalle donne, vietando il divieto, ha privato l’adulterio del suo carattere religioso più profondo. Un adulterio laico, come una religione laica, è un ossimoro. E così i profani tempi attuali, che non riconoscono altro se non la secolarità più conformista, hanno defraudato gli esseri umani di ogni divina scintilla creativa che non sia il gesto clamoroso quanto gratuito… Abolita dunque l’Eternità, l’assoluto che apparteneva a Dio, all’arte, all’epos, non rimane che la relativa durata, nella quale ci accontentiamo di vivacchiare, apatici e annoiati, a consumare le nostre stanche scopate. In questo senso, l’adulterio condivide lo stesso destino dell’arte. Come senza Dio non può esserci arte, così l’adulterio”. Dunque Maria Roccasalva contrappone alla sacralità dell’adulterio il civilissimo divorzio. E sarà pure una conquista civile, ma la menzogna è un atto di grande libertà e di esercizio della fantasia. La voglia furente di fornicare fuori del “sacro” recinto del matrimonio va di pari passo con l’orgoglio e la fierezza della propria abilità di ingannatore o ingannatrice. E risponde anche perfettamente al cosiddetto “effetto Coolidge”, cioè il legame fra novità ed eccitazione. Lo dicono anche gli scienziati che cambiare spesso partner è una naturale esigenza dell’uomo (e della donna, ma un po’ di meno). Curioso l’aneddoto da cui trae origine questa formula: “La moglie del Presidente degli Stati Uniti Calvin Coolidge, in visita ad una fattoria sperimentale patrocinata dal governo, notò un gallo che si accoppiava molto frequentemente. Chiedendo al suo accompagnatore quanto spesso avvenisse il fatto, le venne risposto ‘dozzine di volte al giorno’. ‘Lo dica al signor Coolidge’, replicò la First Lady. Il Presidente, informato della cosa, chiese a sua volta: ‘Ma ogni volta con la stessa gallina?’.  ‘No’, rispose il contadino, ‘ogni volta con una gallina diversa’. ‘Lo dica alla signora Coolidge!’ disse il Presidente”. Non so se questo aneddoto sia stato portato da Bill Clinton a propria discolpa, di fronte alla moglie, in occasione del famoso scandalo Levinsky, ma avrebbe potuto.

L’adulterio diventa un efficace antidoto contro la monotonia della vita coniugale, un potentissimo contravveleno che rende quella sorta di carcere volontario che è il matrimonio una dolce prigione nella quale il carcerato finisce per tornare ad amare il carceriere, proprio come nella sindrome di Stoccolma. Niente meglio di una serie di avventure extra matrimoniali può migliorare il rapporto a due, grazie all’effetto terapeutico che possiede la poligamia rispetto alla monogamia. Anche perché andare a letto con un altro/altra non vuol dire necessariamente che il rapporto di coppia sia in crisi (certo, se si tratta di una crisi profonda, irreparabile, meglio il divorzio).  Avere altri uomini o donne non significa essere insoddisfatti della vita sessuale di coppia, ma vuol dire riaffermare con forza il proprio diritto alla felicità. “E più si è felici, più il matrimonio va a gonfie vele”. E sul diritto alla felicità, la filosofia di tutti i tempi potrebbe venirci in soccorso e non è il caso di dilungarsi oltre. La donna “multitasking”, come si dice oggi, riesce ad organizzare il tempo programmando scientificamente ogni momento della giornata se questa organizzazione è finalizzata all’incontro con l’amante. “Non si può immaginare di che cosa sia capace una donna innamorata. La sua energia viene quadruplicata: può sollevare il mondo sulle sue spalle come Atlante, deviare il corso dei fiumi come Ercole per pulire le stalle di Augia, acquisire perfino il dono dell’ubiquità come Sant’Antonio da Padova, ed essere presente a scuola e nello stesso tempo dal dentista per il bambino, dal meccanico per revisionare l’auto e allo stesso tempo infornare la crostata, uscire fresca e riposata al braccio del consorte il sabato pomeriggio per lo shopping al supermercato o alla boutique e la sera andare al cinema o al teatro con lui. E dopo questo tour de force riesce anche a fare l’amore con lui, il marito!”. In questo modo lei riesce ad adempiere molto bene la professione di moglie. E sì che, “si deve adempierla bene, per non insospettirlo. Si deve essere presente durante tutto il rapporto, che in genere, dura poco per fortuna di tutti e due, ed è anche a scadenze fisse, mentre lui, magari, sta pensando ‘ però che tette, la mia collega Giada, gliele hanno rifatte proprio bene, devo farci su un pensierino’. Oppure ‘gli sta bene al Milan la perdita di Kakà, gliela faremo vedere noi domenica prossima, gli faremo un culo così’. Poco ci manca che gridi ‘Gol!’ … Fine del dovere coniugale. Assolto alla perfezione da entrambi i coniugi. Lui si alza, va in bagno, poi in cucina a prepararsi un caffè, tutto soddisfatto, perché per dieci minuti è stato il più esperto e sapiente, il vero maschio trionfante. O almeno, così gli ha fatto credere sua moglie. Una donna così che riesce ad esser presente ovunque, perché in effetti lei vive in quel famoso altrove a cui anela soltanto lei, che riesce a far credere a suo marito che è l’unico uomo al mondo, gli ha impedito di realizzarsi? La domenica è disposta anche ad accompagnarlo allo stadio, coi bambini, a tifare per la sua squadra del cuore… Merita biasimo una donna così? Quante ore mancheranno alle cinque del lunedi pomeriggio, pensa. E finalmente, la domenica notte, a occhi chiusi, potrà sognare liberamente il suo amore che fra poco la stringerà fra le braccia e le farà dimenticare per due ore il mondo. E nel sogno liquido pregusta già l’amplesso che la farà sentire vergine e innocente e pura: lei la sua schiava e lui il suo signore. Così anche all’altro avrà dispensato la grazia di farlo esistere. Unico uomo al mondo. Adultere così dovrebbero essere santificate…”  Invece, i tempi moderni, nella liberalizzazione dei costumi e nel lassismo che ha contagiato tutti, rischiano di far sparire una consuetudine che ha prodotto alcune fra le più belle pagine di storia della letteratura (Emma Bovary, La signora delle Camelie, Anna Karenina, solo per citarne alcune). Del pari, cosa comporta il processo di secolarizzazione in atto della Chiesa, se non di togliere ai cedimenti della carne  quel di più, quella stimmata che da sempre si porta appresso la fornicazione, quella puzza di inquisizione, che ne raddoppia la libidinosità?  Ogni sanzione è uno stimolo alla violazione della norma, ogni divieto un incoraggiamento a superarlo. Non premia forse la nostra eccitazione la secolare memoria di roghi, indici, ghigliottine, di anatemi, di prediche e paternali, di moralismo pretesco?  E, a voler fare spicciola speculazione filosofica, esisterebbe l’etica senza l’estetica? È vero, Kirkegard potrebbe risponderci che il piacere dei sensi è solo un gradino, quello più basso, per giungere ad una contemplazione più profonda, ad una consapevolezza più piena della vita che è quella della spiritualità, dell’abbandono a Dio. Ma all’adultero, cosa gliene fotte del triste danese Kirkegardo? Il piacere dell’attimo, quel fascino diabolico della trasgressione, la ricerca del piacere per il piacere, può ben sorreggere una vita ordinatamente impostata e formalizzata. Egli vive per quel momento di passione che rinfranca, anche se ben sa che a quella tentazione ne seguiranno altre e che a tutte cederà, che la passione brucia e non sazia. Ma il puttaniere e la fedifraga continueranno a rincorrere il piacere, di letto in letto, di avventura in avventura, fino alla fine, schiavi contenti della loro febbre di vita, di quella tragica esistenza che è fatta di edonismo. Il conquistatore, il Dongiovanni (interessante la distinzione fra Dongiovanni e Casanova condotta in una analisi dettagliata da Franco Cuomo in” Elogio del libertino”, Newton Compton 1993), affina una pratica che gli riesce a meraviglia, e infatti non si stacca dalla moglie, anzi continua a godere del calore famigliare per tutta la vita. Di relazione in relazione, la impressionante sequela di amori e amorazzi dell’adultero terminerà solo quando la moglie ne scoprirà i tradimenti e chiederà il divorzio. O magari, e ciò è più letterario, quando il Don Giovanni si pentirà ed entrerà in convento oppure scenderà all’inferno. “Amarne una”, dice il seduttore nel “Don Giovanni” di Mozart- Da Ponte, “è far torto alle altre”. E tornando a Kirkegard, nel “Diario del seduttore” che è parte dell’opera più vasta “Aut Aut”, egli si dibatte fra i piaceri della carne e la contemplazione spirituale, fra il desiderio sensuale, l’estetica insomma, e l’etica. La sua, comunque, è una seduzione tutta intellettuale, però coglie la seduzione sensuale in tutte le cose e, per esempio, nella musica di Mozart, nel “Don Giovanni”, come intitola un’altra parte di Aut Aut.  E Thomas Mann, nel suo “Doktor Faustus”, fa in modo che il suo protagonista, Adrian Leverkuhn, sia colto dal diavolo proprio mentre sta leggendo le pagine di Kirkegard sul Don Giovanni. Ma tutto questo rischia di portarci lontano dal tema del presente contributo, quello di un antifrastico elogio del matrimonio o, che dir si voglia, di un rovesciato elogio dell’adulterio.

LUGLIO 2016

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