Di mestiere faccio il linguista 27. Xmas: quando la lingua perde la memoria!

L’abbreviazione di «Christmas» in «Xmas» nella lingua inglese è di origine antica; rara all’inizio, ha guadagnato via via diffusione sempre più estesa. Una cartolina postale del 1910, quindi destinata a un pubblico molto ampio, auspicava: «I bring you a Merry Xmas»  ‘ti auguro un buon natale’. L’uso della X per abbreviare il nome di Cristo risale addirittura al mondo classico, ai contatti tra greco e latino. Le abbreviazioni dei nomi sacri passarono dal greco al latino con le antiche traduzioni della Bibbia, a partire dal IV secolo dopo Cristo. Di quell’epoca è la famosa traduzione della Bibbia operata da San Girolamo, che favorì in maniera decisiva la diffusione di quel testo meraviglioso (e pochissimo letto, almeno da noi) nell’Occidente cristianizzato. La scritta  xpo  rendeva con lettere latine la originaria abbreviazione in greco del nome di Cristo; da lì nasce la x (o X) iniziale che (con riferimento al nome di Cristo) troviamo in molti manoscritti medievali (italiani, francesi e spagnoli) e anche nella lingua inglese. Un caso come molti altri che dimostra quanto forte sia il peso del latino nell’inglese moderno.

L’abbreviazione Xmas (o xmas, in maiuscolo; o Xmas,  in maiuscoletto),  con allusione al Natale, è largamente usata anche in Italia. Una scritta luminosa campeggiava a caratteri cubitali in piazza Mazzini a Lecce lo scorso anno; quest’anno (con dimensioni più ridotte) è nelle vetrine di alcuni negozi. Una delle tante manifestazioni di capillare invadenza dell’inglese nella nostra cultura, anche quando non esiste necessità. In questo caso per pura esterofilia, perché non ci manca certo la parola che indica il Natale. Nonostante la diffusione crescente, non tutti comprendono immediatamente l’anglicismo. Un professore di liceo bravo e non superficiale, che ho conosciuto in un corso di aggiornamento dell’Accademia dei Lincei frequentato con grande partecipazione e con profitto da molti docenti, mi ha raccontato di essere caduto nello stesso fraintendimento in cui è incappato il vicesindaco di  Sesta Godano; pure lui si è meravigliato che i ragazzi del suo liceo, in un festone collocato nella palestra della scuola, facessero riferimento alla X Mas di molti decenni fa. Rapidamente l’equivoco è stato dissipato, con sollievo generale. Al di là di ogni presupposto politico.

Si pone tuttavia un’altra questione. Colpisce che, in diverse fasce d’età e in gruppi di varia formazione e cultura, si usi una scritta come Xmas per semplice imitazione di una moda proveniente dall’estero, senza la percezione di quello che la scritta potrebbe evocare. Il passato, carico di fortissime implicazioni ideologiche, sembra svanito, semplicemente e banalmente. Trionfa l’appiattimento sul presente, la memoria non ha più spessore. Il fenomeno mi preoccupa moltissimo. Sulla base di molti episodi a cui ho assistito ho maturato la convinzione che, specialmente tra le nuove generazioni e specialmente in Occidente, stiamo assistendo a un fenomeno  inquietante: la perdita della memoria storica.

I mass media sono principalmente interessati al presente e il presente sembra l’unica dimensione che interessa i giovani, compresi gli studenti liceali e gli universitari. Ecco alcune risposte date da studenti durante gli esami di maturità (cioè alla fine di un ciclo formativo di tredici anni, se contiamo dalla prima elementare): «la Seconda Guerra Mondiale è cominciata nel ’45»; «i partigiani combatterono al fianco di Mussolini»; «le Brigate rosse hanno agito durante il ventennio fascista» (tutto è nel sito skuola.net). Interrogati su fatti recenti, avvenuti qualche decina d’anni prima della loro nascita (o ancor meno), molti studenti che stanno per congedarsi dal liceo non sono in grado di riferire nomi e fatti con una precisione almeno accettabile,  mostrano conoscenze confuse, le loro risposte sembrano davvero sparate a caso. Il passato si appiattisce in una nebulosa indifferenziata, la memoria si contrae in un eterno presente in cui gli avvenimenti sono fluttuanti e i protagonisti sono intercambiabili. Invece non possiamo rinunziare alla scansione del tempo, se vogliamo capire. Anche all’università, agli esami, gli studenti in difficoltà nel comprendere la logica e la successione dei fatti, obiettano: «Ma sa, professore, a me le date non piacciono, non me le ricordo proprio». Invece sono fondamentali, non si tratta di nozionismo o di minuzie irrilevanti. Come si fa a capire qualcosa se non lo collochiamo nel tempo, se ignoriamo quel che viene prima e quel che viene dopo?

Conoscere e ricordare vuol dire capire, evita errori disastrosi. Se Hitler avesse letto qualcosa sulla campagna di Russia di Napoleone (o almeno Guerra e Pace di Tolstoj), avrebbe compreso che è difficile per un esercito raggiungere con successo e sottomettere Mosca nel pieno dell’inverno. Se Sarkozy e gli altri leader occidentali avessero ricordato la storia della Libia, tradizionale concentrato di tribù e di etnie in perenne guerra reciproca, avrebbero evitato di abbattere con pretesti un regime (dittatoriale e antidemocratico, ci mancherebbe) blandito fino al giorno prima, senza prevedere quello che sarebbe avvenuto dopo.

Ecco perché  bisogna reintrodurre nelle scuole l’esercizio della memoria, oggi praticamente assente, spesso vituperata con argomenti imbecilli: è tutto in rete, è inutile tenere a mente. Quanti studenti conoscono il nome delle catene alpine? Marittime, Cozie, Graie…(elencava il mio indimenticabile maestro delle elementari; e noi memorizzavamo). Quanti studenti conoscono a memoria L’infinito di Leopardi? O qualche terzina dell’Inferno?

In una scuola e in un mondo che spesso dimenticano o ignorano, la riconquista collettiva della memoria dovrebbe diventare impegno per il presente e progetto per il futuro.

                          [“Nuovo Quotidiano di Puglia” di domenica 29 dicembre 2019]

Questa voce è stata pubblicata in Di mestiere faccio il linguista (terza serie) di Rosario Coluccia, Linguistica e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

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