Ancora un figlio, ancora uno sconosciuto in grembo di cui dovrà occuparsi e portare avanti insieme agli altri spingendoli attraverso il flusso del suo sangue. E poi perché trovarle una parola a questa vita che prende forma nel grembo, perché preoccuparsi di darle un nome? Alla nascita del primo figlio si rende conto che la parola “maternità” è stata inventata da chi figli non ne aveva mai avuti, perché a chi li ha avuti non importa se c’è una parola o no. E c’è poi una parola che Anse usa per esprimere quello che prova per lei: “amore”. Ma per Addie le parole sono solo una forma per riempire un vuoto. Sono solo strumenti che servono per entrare in contatto con gli altri, che non corrispondono mai a quello che tentano di dire e che ci tengono “appesi per la bocca come ragni ad una trave, che oscillano e si attorcigliano senza toccarsi mai”. Le parole Anse e Amore si sovrappongono e quando Anse le giace accanto, la notte, nell’oscurità della stanza, non sa, in realtà, che per lei è come morto. Immobile sta al suo fianco mentre la terra sotto di lei si mischia al suo sangue e alla sua carne. Nei suoi occhi, che riflettono il buio del soffitto, le parole Anse e Amore sono come recipienti che si riempiono e il liquido prende la forma del recipiente in cui viene versato; e non ha importanza, per Addie, se la parola sia Anse o Amore, perché per lei fa lo stesso. Tutto quello a cui riesce a pensare è comunque la fine. La frase del padre che riemerge nella memoria di Addie richiama l’ipotesi che Freud esprime in Al di là del principio di piacere ovvero che lo scopo di tutta la vita è la morte. Per esprimere questo concetto, questa inesorabile destinazione che ha la vita, Freud si serve di due termini: Eros e Thanatos, rispettivamente pulsione di vita e pulsione di morte, nascita e distruzione. Uno sguardo psicanalitico ai pensieri di Addie metterebbe in evidenza la lotta violenta tra le due pulsioni, l’istinto di cambiamento e sviluppo, progresso e produzione, contro il desiderio di concludere la sofferenza della vita e tornare al riposo. L’amore che Addie non riesce a provare nei confronti dei figli e di Anse si trasforma in pulsione di morte, attesa della distruzione. Thanatos vince su Eros. Ogni figlio da lei messo al mondo non è altro che un passo in più verso quel letto di morte sul quale giace all’inizio del libro, circondata proprio dagli stessi figli e dal marito che le hanno preparato la strada verso quell’esatto momento. E se li porta tutti dietro, fino alla fine, fino al momento della sepoltura, nell’assurdo viaggio verso Jefferson dove tutti i Bundren sono diretti per onorare la memoria della madre. Nella tomba, Addie porta con sé tutto l’Eros, la passione, la devozione materna, l’amore incondizionato che non è riuscita a provare per i suoi figli dal momento della nascita e che ha mantenuto fino alla fine, tuttavia crescendoli, curandoli, sentendoli appartenere unicamente a lei. Se li porta dietro, con i loro tormenti, con i loro drammi, chiusa nella bara che il primogenito le ha costruito, dentro il riquadro di una finestra dalla quale lei, distesa muta e immobile sul letto in attesa della morte, lo osserva martellare sulle assi di legno.
Osserva il lavoro di quel figlio che per la prima volta le ha fatto pensare quanto vivere fosse terribile, facendola sentire pronta per la fine. E proprio quel figlio le prepara la sepoltura, le prepara l’involucro nel quale riposare dalle fatiche della maternità.
C’è un dipinto di Egon Schiele che si intitola “La madre morta”. In questo dipinto la figura della madre avvolge come un mantello l’utero in cui si trova il bambino, da lei separato dal manto nero. La luce che il bambino emana resta relegata al grembo materno mentre tutto intorno è nero, la madre è prostrata nel suo lutto, il volto terreo e legnoso ha perso ogni fiamma vitale. Quella madre è Addie, che porta su di sé il peso del lutto per se stessa, per la propria stessa morte, mentre i suoi figli si formano dentro di lei. Sono suoi, ma tenuti a distanza, come se il suo grembo fosse un distaccamento del suo corpo, come se lei non lo avvertisse, come se fosse un buco. Partorendo, uno dopo l’altro, i cinque figli, non fa che prepararsi alla morte. La pulsione di vita che si identifica con Eros nella figura di Addie non smette di esistere ma, semplicemente sfocia nel suo naturale completamento, Thanatos, tenendo i figli legati tra loro e a lei non in virtù dell’amore ma della pulsione di morte che ne deriva.
[“Clinamen”, dicembre 2019]