di Antonio Errico
Ciascuno di noi vorrebbe sapere come sarà il mondo domani, domani l’altro, fra venti, trenta, quarant’anni. Coloro che credono in una Intelligenza sconosciuta e superiore a quella dell’uomo, si rispondono che il mondo sarà come quell’Intelligenza deciderà che debba essere.
Coloro che ad una Intelligenza superiore non ci credono, si rispondono che sarà nel modo in cui l’intelligenza dell’uomo deciderà che debba essere.
Gli altri, forse i più saggi, o forse soltanto i più prudenti, si rispondono che il mondo sarà come la coesistenza dell’Intelligenza superiore di un Dio e di quella inferiore di un uomo, decideranno che debba essere.
Ma, in ogni caso, si fanno previsioni. Alcune attendibili, come quelle provenienti dalla scienza; altre improbabili, come quelle provenienti da improvvisatori e dilettanti. Ma si avverte il bisogno di fare previsioni. Perché come sarà il mondo ci riguarda: perché coinvolge il nostro destino e il destino di quelli che verranno.
Si fanno ipotesi, previsioni, dunque. Fra quelle più recenti, “Lo Stato del Futuro”, l’ultimo rapporto del Millennium Project, che disegna scene del mondo nel 2050. Che cosa accadrà in trent’anni. Quali saranno le sfide. Come cominceranno, come finiranno. Come saranno gli orizzonti, che colore avranno le albe, i tramonti.