Per la crescita di un Paese servono i buoni maestri

di Antonio Errico

Un Paese può crescere, svilupparsi, progredire, soltanto se ha buoni maestri. Ma non maestri d’arte, di scienza, di letteratura. Un Paese ha innanzitutto un bisogno essenziale di buoni maestri di scuola. Perché, poi, da quelli dipende l’esistenza dei maestri d’arte, di scienza, di letteratura.

Non c’è genio di numeri o  parole, né di figure dipinte su una tela, non c’è genio di note, di tecniche, di tecnologie, che non abbia avuto, una volta, in un’aula, qualcuno che gli abbia insegnato a comporre una parola, a mettere insieme i numeri, a riconoscere mari e monti e fiumi su una cartina appesa alla parete.

Si diceva in altri tempi che il maestro dovesse insegnare a leggere, a scrivere e a far di conto.

Poi vennero tempi differenti, qualche volta anche tempestosi; vennero nuove idee, altri scenari di società, altri costumi; venne il Sessantotto e gli anni Settanta, e sembrò che tutto potesse e dovesse cambiare, o che fosse tutto già cambiato. Così leggere, scrivere e far di conto, si caricò del significato di formula vecchia, espressione di una figura di maestro superata, inadeguata ai tempi e alla temperie culturale.

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