Ital-i-eni 28. Capitan Porno

A volte è perfino intrigante, questa doppia vita: di giorno, dall’altare a predicare, e di notte, alla lussuria lasciarmi andare… Don Guccione, nel nome il destino, un misto di umano e divino… Don Guccione, nel mio nome un destino, mi interessa il divino, ma mi attrae l’umano… umano molto umano, Capitan Porno, sui tetti della città, come un uccello notturno volteggerà, nel nome dell’amore, Capitan Porno vincerà… un supereroe del sesso, come non si era mai visto; con la forza penetrante del piacere, metterà d’accordo la signora con il signore, ed anche l’amica con l’amico, il suo maglio perforante fra i due litiganti si inserirà e la coppia ne godrà… / Capitan Porno, sui tetti della città – Capitan Porno, dal male vi libererà! Capitan Porno, sui tetti della città – Capitan Porno, il piacere vi porterà! /… C’è un fuoco che arde sempre e non si spegne, nella notte, fra neon ed insegne, ospedali, bar e manicomi criminali, io volo su galere, pub e istituti bancari, fra ambigui e contrastanti segnali… c’è un fuoco di fila di tentazioni da cogliere al volo, prima che arrivi domani … con la mia tuta in lattex, io metto pace fra gli ex, porto calore, do la consolazione a cuori smarriti in cerca di amore… E’ difficile, di giorno sull’altare, a predicare, e di notte, alla passione lasciarmi andare; ma c’è qualcosa di più grande, qualcosa di più importante, quando la notte chiede un’entrata, non si può rimanere insensibili alla sua chiamata, e allora per Capitan Porno una nuova avventura inizierà, di portare piacere a chi lo chiederà, nel nome dell’amore, Capitan Porno vincerà…”

Liberamente ispirato alla vita dell’italo-americano Bob Guccione, fondatore della rivista “Penthouse”, in seguito alla sua scomparsa, questo pezzo univa il mio amore per i fumetti americani della Marvel, quelli dei supereroi della mia infanzia e adolescenza (su tutti L’uomo Ragno, L’incredibile Hulk e Capitan America), con il gusto dello sberleffo e del paradosso. Solleticato dal fatto che il papà della più nota rivista erotica al mondo si chiamasse Don, che è da noi il prefisso onorifico che si attribuisce al nome dei preti (ma in America è abbreviativo di Donald), mi sono immaginato questo prete, che vive una doppia vita e dietro alla rispettabile apparenza nasconde una identità segreta, quella di super eroe del sesso. In una città notturna a metà fra la Gotham City di Batman e la Parigi di Restif de la Bretonne (una madre puttana, la definisce l’autore ne “Le notti di Parigi”, che accoglie tutti e si offre a tutti), Capitan Porno imperversa nottivago fra quartieri malfamati e situazioni estreme, fra luoghi di perdizione e ritrovi orgiastici, per portare l’amore a tutti, uomini e donne, belli e brutti, coppie felici o in crisi, in nome di un salvifico ecumenismo sessuale. Fin qui nihil novi sub sole: quello della doppia vita dei preti e degli abusi e delle schifezze che si consumano nelle sacrestie, è argomento noto e le loro malefatte sono all’ordine del giorno delle cronache rosa e nera.
Ma il personaggio di Capitan Porno era per me emblematico di uno stretto rapporto, quello fra sesso e spiritualità, più volte analizzato dagli studiosi. In particolare, scrissi quel pezzo dopo la lettura, che mi aveva fortemente suggestionato, di “Psycopathia Sexualis” (Manfredi Editore 1966) di Richard von Krafft-Ebing, un testo del 1885, uno dei primi a parlare delle patologie del sesso, con particolare riferimento alla sezione riguardante i rapporti fra religione ed eros. Il libro si soffermava sulle umiliazioni della carne e sul desiderio sessuale che sarebbe sotteso ad alcune scelte mistiche estreme adottate da santi e martiri. In quest’opera, tra l’altro, Krafft-Ebing coniò i termini “sadismo” e “masochismo”: il primo, con riferimento al marchese De Sade, libertino del Settecento, che nei suoi libri erotici esplorò la figura del sadico, cioè di colui che vuole vivere il rapporto sessuale oltrepassando i limiti imposti dalla morale, concedendosi delle perversioni che giungono fino a pericolose derive; il secondo, con riferimento allo scrittore Leopold von Sacher-Masoch, autore del romanzo “Venere in pelliccia”, nel quale viene espressa la ricerca del piacere sessuale attraverso il dolore e le peggiori umiliazioni fisiche o psicologiche. I due termini vengono spesso associati insieme come “sadomasochismo” (anche se Gilles Deleuze negava decisamente questo legame). Ma queste non sono le sole “parafilie” descritte da Krafft Ebing e da tutti gli studiosi venuti dopo, come Freud e Adler (di quest’ultimo, in particolare, importanti gli studi sull’omosessualità). Il sadomasochismo è forse la più accattivante delle perversioni sessuali ed anche la più conosciuta e in fondo accettata dall’immaginario collettivo. Pensiamo al San Sebastiano trafitto dalle frecce , così come raffigurato dai vari Sodoma, Perugino, Antonello da Messina, che è poi diventato icona gay grazie all’opera “Martyre de saint Sébastien” di Gabriele D’Annunzio, che ha dato spunto al film “Sebastiane” di Derek Jarman, in cui viene descritta una storia di amore omosessuale del soldato martire romano. Il suo corpo nudo, efebico e statuario, l’esporsi voluttuosamente alle frecce e al martirio (pensiamo al bellissimo Sebastiano del Mantegna), richiama il piacere di accettare pene e sofferenze con la pazienza di Giobbe (quest’ultimo è forse il primo masochista della letteratura, perché accetta le punizioni inflitte da Dio addirittura senza aver commesso nessuna colpa). Si caratterizzano come deviazioni sessuali o parafilie anche l’esibizionismo, cioè la tendenza patologica ad esporre i propri genitali davanti ad estranei, il feticismo, cioè l’intenso desiderio sessuale verso alcune parti anatomiche come il piede o verso particolari oggetti, l’onanismo, ossia la pratica di disperdere il seme attraverso il coitus interruptus, il voyerismo o scopofilia, cioè la pratica di spiare l’atto sessuale per provare piacere, la pedofilia, il desiderio di congiungersi sessualmente con minori, e l’incesto, cioè la sessualità praticata con consanguinei. A questi se ne potrebbero aggiungere di minori e più lievi, come la masturbazione compulsiva, il travestitismo, ecc.. Restif de la Bretonne, spregiudicato autore settecentesco e tipografo, abituale frequentatore di più di una delle parafilie sopra descritte, fa un elogio dell’incesto, nella sua opera “L’enclos et les Oiseaux”, affermando: “l’incesto è un pregiudizio, una superstizione infantile come la paura dell’inferno”, e più avanti: “ i figli crescono intorno alla nostra tavola come piante di olivo. Così i nuovi incesti che andiamo progettando non sono dei crimini, al contrario sono dei mezzi di pace e di concordia quanto sposare i nostri figli insieme”. E proprio al prolifico scrittore francese, definito “Roussoe delle fogne” o “Voltaire delle serve”, per la sua abiezione e l’oscenità delle sue opere erotiche, si deve il termine “pornografia”. Egli lo coniò nella sua opera “Le pornographe” del 1769, sulla “scrittura del meretricio”, traendolo dal greco πόρνη, prostituta e γραφή, scrittura. Anche la pornomania, cioè la dipendenza dalla pornografia, costituisce una patologia, incoraggiata da Porno Hub, uno dei principali siti porno al mondo, che apre un canale tematico sul web dedicato al sesso h24. Restif fu inoltre autore di “Le mimographe” 1770, sulla riforma del mestiere teatrale, “Les gynographes” 1777, fortemente misogino, “L’andrographe” 1782, sulla condizione dell’uomo e sulla possibilità di modificarla, ma soprattutto fu autore dell’ “Anti-Justine o le delizie dell’amore” 1798, un’opera violenta e oscena scritta in polemica con il suo acerrimo nemico Marchese de Sade, autore di “Justine o le disavventure della virtù” . Nella sua opera, Restif, che si dichiara un moralista e apparentemente vorrebbe mitigare gli eccessi dell’odiato collega (nei confronti del quale era roso da invidia per la di lui maggiore fama), gareggia invece con De Sade quanto a sconcezze e depravazioni, riuscendo a scrivere uno dei libri più sporchi della letteratura, come lo definì Apollinaire, che ne era ammirato. Si innesca così una gara fra i due libertini del Settecento a chi la spara più grossa su sodomia e diabolico piacere. Ma tornando al saggio di Krafft Ebing, egli descrive il forte connubio fra religio ed eros che caratterizza esattamente il mio Capitan Porno, cioè il piacere perverso che provano gli uomini e le donne di Dio nell’infliggersi mortificazioni della carne per il desiderio di emulare il loro alto modello di riferimento, arrivando a pratiche estreme come la flagellazione, l’evirazione e la morte. Una sorta di “libertinaggio mistico”, come lo definisce Franco Cuomo in “Elogio del libertino” (Newton Compton 1993), quale nel caso della monaca tedesca Blankebin, che era ossessionata dal pensiero di cosa potesse essere avvenuto del pezzo perduto della circoncisione di Cristo, oppure della beata italiana Veronica Giuliani, che si infliggeva i più inusitati tormenti per entrare in comunione con Gesù (flagellazioni, ferite alle mani, autoumiliazioni), gridando al Cristo: “sì sì, prendimi con te, fammi sentire le tue pene e i tuoi dolori!”, fino a quando non orgasmava al colmo del godimento, e addirittura “per devozione all’Agnus Dei introduceva nel suo letto un agnello che baciava e dal quale si faceva succhiare il seno ogni notte”. Nihil novi sub sole, dunque. Capitan Porno, eroe del partouze, emblema di una “pansessualità” che permea l’odierna società dei consumi.
LUGLIO 2016

Questa voce è stata pubblicata in Itali-e-ni di Paolo Vincenti e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

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