Dobbiamo ridurre le diseguaglianze tra i popoli. Popolazione: siamo troppi e gli ecosistemi terrestri non possono sostenerci tutti. Dobbiamo rallentare. L’Italia ha smesso di crescere ma i paesi con molti problemi crescono in modo prorompente. Il raggiungimento di elevati standard di vita rallenta la crescita demografica: chi sta male fa tanti figli (e si torna al tema dell’equità). L’attuale governo italiano, per la prima volta nella storia, ha messo molti punti nel suo programma che ricalcano i nostri suggerimenti. Ma la consapevolezza di questo cambio di paradigma è scarsa, persino nello stesso governo. Quanti sono a sapere che la sostenibilità dovrebbe essere un cardine dell’azione di governo? Tutti continuano a chiedere la crescita economica, ma non è questa la strada. Dobbiamo chiedere sviluppo. La nostra economia è obesa e sporcacciona. Consuma moltissimo e inquina. Si deve mettere a dieta e deve fare pulizia. La transizione verso nuovi stili di vita rappresenta un’opportunità di sviluppo che il nostro paese non dovrebbe lasciarsi sfuggire. Rimane una cosa importantissima: la consapevolezza. E questa inizia da scuola. Greta, e i milioni di giovani come lei, protesta per cose di cui non c’è traccia nei programmi scolastici. Oppure c’è per la buona volontà di docenti sensibili. La sostenibilità e i suoi principi sono una cosa seria che non può essere frutto di improvvisazione. Il messaggio di Greta è lo stesso di Al Gore (che ha vinto un Oscar e un Nobel per questo) e di Papa Francesco (che ha scritto Laudato Si’ per chiedere la conversione ecologica). A forza di insistere la sostenibilità è finita nei programmi di governo, ma ora si tratta di passare dalle parole ai fatti, e non si possono fare con gli slogan, ci vogliono le competenze. E queste si creano a scuola, dove queste cose non si insegnano. Corriamo il rischio che a riparare i problemi di oggi saranno chiamate persone con la cultura che li ha determinati.
[“Il Secolo XIX” del 5 novembre 2019]