La nostra conversazione si allarga, non solo questioni linguistiche assillano D’Andria e me. Siamo addoloratissimi per quello che succede nelle campagne, per il flagello biblico della xylella che ha devastato l’intero Salento, che avanza inesorabilmente verso il nord della regione, che sembra inarrestabile. Nove milioni di ulivi muoiono, le campagne sono diventate deserti spettrali. Migliaia di contadini sono alla disperazione, vengono colpite le attività produttive e l’economia, risulta sconvolto il paesaggio millenario che affascinava le popolazioni locali, i visitatori, i poeti. «Cade a pezzi a quest’ora sulle terre del Sud / un tramonto da bestia macellata. / L’aria è piena di sangue, / e gli ulivi, e le foglie del tabacco, / e ancora non s’accende un lume»; e ancora: «Vorrei essere fieno sul finire del giorno / portato alla deriva / fra campi di tabacco e ulivi, su un carro / che arriva in un paese dopo il tramonto / in un’aria di gomma scura». Così cantava, negli anni cinquanta dello scorso secolo, rispettivamente in La luna dei Borboni e in Finibusterrae, il massimo poeta novecentesco di questa terra, Vittorio Bodini, che poco alla volta molti imparano a conoscere.
Il nostro giornale, con pieno merito, scrive continuamente dei guasti della xylella, informa puntigliosamente sulla inefficienza di chi dovrebbe decidere e sulle misure contraddittorie (per la verità più proclamate che assunte) di fronte al disastro crescente; riporta anche i tragicomici atteggiamenti di chi abbraccia gli alberi ritenendo così di proteggerli. Non molti denunciano. D’Andria ha immaginato che la dea Atena, quella del Santuario di Castro da lui portato alla luce, si rivolga direttamente al Gubernator Apuliae, invitandolo ad agire fattivamente, a far qualcosa per contrastare lo scempio mostruoso che colpisce le distese verdi e argentate di ulivi con cui la dea ha familiarizzato fin da quando è approdata nella nostra terra per offrirsi al culto dei devoti. Io ho scritto recentemente: «È goffo e tragico insieme il tentativo odierno di qualche politico regionale di scrollarsi di dosso la responsabilità di non aver saputo affrontare il flagello biblico della xylella, da anni evidente a chiunque (ora l’Europa ci multa e protestano in Liguria e in Francia, forse qualcosa si muoverà). Da noi la storia ripete spesso sé stessa, implacabilmente. Non impariamo mai. Non vediamo, non sentiamo, non parliamo, come le tre scimmiette».
Non tutti sono ciechi, sordi e muti, per fortuna. «Un bel paesaggio una volta distrutto non torna più, e se durante la guerra c’erano i campi di sterminio, adesso siamo arrivati allo sterminio dei campi: fatti che, apparentemente distanti fra loro, dipendono tuttavia dalla stessa mentalità». Sono parole di Andrea Zanzotto citate da Salvatore Settis, in un articolo che appare a p. 21 del «Sole 24 Ore» di domenica 13 Ottobre 2019. Zanzotto è stato uno dei grandi poeti italiani del Novecento (ancora un poeta, come Bodini; non ci posso far niente se in certe cose loro vedono meglio di altri). Settis è un archeologo di fama internazionale, ha diretto il «Getty Center for the History of Art and the Humanities» di Los Angeles, la «Scuola Normale Superiore» di Pisa, è membro di Accademie importanti, è dottore honoris causa di varie università. Con il suo articolo Settis porta la tragedia del Salento all’attenzione della cultura nazionale. Finalmente.
Il batterio della xylellanon è opera dell’uomo. Ma è colpa dell’uomo, in particolare di chi occupa cariche di responsabilità, se per tempo non si sono messe in atto appropriate strategie di contenimento di questa terribile epidemia che ha annientato l’armonioso paesaggio del Salento. Di xylella ora si parla molto (senza concludere granché) ma si parla solo secondo ottiche economiche o agronomiche. Sono stati stanziati vari milioni per indennizzare gli agricoltori e le aziende colpite, e questo va bene, ovviamente. La domanda è: cosa succederà nei terreni agricoli dopo l’abbattimento di milioni di piante? Si impianteranno altre specie olivicole in grado di resistere all’infezione? Si convertiranno i campi ad altre colture ? (Dicono il melograno, certamente bello, ma non è l’ulivo, non è la storia). Si impianteranno enormi distese di pannelli solari? (Le energie rinnovabili sono necessarie, ma bisogna saperle gestire in modo appropriato). Si lasceranno i terreni incolti? Si faranno investimenti per una seria ricerca scientifica? Vanno prese decisioni importanti, è in ballo il futuro di questa terra. Sulla risposta a questi temi gli elettori scelgano i propri rappresentanti, non sulla base di slogan e di effetti pubblicitari.
Questo articolo è iniziato parlando di lingua e di forestierismi inutili; conclude parlando di xylella, di ulivi, di paesaggio storico, di futuro. È giusto così, non c’è contraddizione. Il linguista deve mostrare di essere, prima d’ogni cosa, un cittadino vigile e attento. E denunziare quello che non va.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di domenica 27 ottobre 2019]