Se Internet appiattisce il cervello

Certo, la pluralità degli strumenti è un privilegio eccezionale, a condizione che si risolva in una pluralità di pensiero, in una  profondità della conoscenza. Forse internet non consente una profondità della conoscenza. Forse è uno strumento che determina una condizione di superficialità, una presunzione di sapere. La differenza tra il sapere e il presumere di sapere forse sta proprio nella profondità  che rivela l’unicità e l’irripetibilità del segno, del simbolo, del significato, del senso che connota gli esseri, i fenomeni, le storie.

Ma la funzione della conoscenza consiste soprattutto nel perforare la superficie dei significati per scoprire quelli profondi.

Restare in superficie comporta il negarsi  la sostanza, l’essenza, il nucleo da cui le cose hanno origine, l’elemento su cui le cose si fondano, la conoscenza di quello che per l’esistere risulta essenziale.

Se mille persone  digitano sullo stesso motore di ricerca la parola “democrazia”, si ritrovano tutte le stesse informazioni che, di conseguenza, non possono essere confrontabili. Questa uniformità dell’informazione azzera o comunque riduce notevolmente ogni esercizio di interpretazione e di pensiero critico. L’assenza del pensiero critico provoca acquiescenza, conformismo, passiva accettazione, consenso incondizionato, appiattimento.

Forse internet ci rende stupidi, sostiene in un libro Nicholas Carr, giornalista americano esperto di web. Non è vero. Sarebbe come dire che il coltello ci rende assassini.

Gli assassini ci sono sempre stati anche quando non c’erano i coltelli, e gli stupidi sicuramente esistevano anche quando internet non esisteva e sicuramente esisteranno se un giorno per qualche ragione non ci esisterà più. Stupidi si diventa per innumerevoli motivi, fra i quali certamente si può far rientrare  anche quello di lasciarsi imbrigliare dalla rete, di restarsene seduti ore e ore, giorno e notte, davanti a un computer che ti pialla il cervello, ma questo può accadere anche con la televisione, con un mazzo di carte, con il gioco degli aliossi. Accade, solitamente, quando è l’oggetto a dominare il soggetto, e non viceversa.  Anche con i libri può accadere: tanto che l’hidalgo Alonso Quijano si trasforma in Don Chisciotte della Mancia non per la stupidità ma per la follia provocatagli dai romanzi di cavalleria. 

Internet è uno strumento straordinario che può anche incidere sulla formazione di una coscienza dei diritti di cittadinanza, costituire  un’opportunità di partecipazione democratica ai processi del sociale. Ci siano popoli che attraverso internet organizzano rivolte per la conquista della libertà.  

Per cui forse si potrebbe dire che internet non rende stupidi o sapienti ma che gli uomini stupidi usano internet stupidamente e che quelli sapienti la usano sapientemente. Come gli stupidi sparano l’auto sui viali della città e quelli sapienti, o comunque normali,  no.

Per esempio, a volte diciamo che internet rappresenta la fine dei libri, dei giornali. Lo diciamo, ma è un’affermazione piuttosto semplicistica o comunque generica. Se fino a questo momento non è accaduto, con molta probabilità non accadrà più. Del delirio di informazione che si verifica su internet le persone stanno cominciando a sentire la nausea. Almeno le persone che intendono e pretendono di avere ancora un pensiero vigile, e sono tante, certamente. Per cui riprenderanno o continueranno ad uscire di casa la mattina e a comprare uno, due, tre giornali, che magari leggeranno quando è sera tardi, distinguendo, il possibile dall’impossibile, il probabile, dall’improbabile, il vero dal falso, per quanto comunque queste categorie siano fluide e assolutamente relative. Ma comunque penseranno. Perché è questo l’importante. Perché l’importante, l’essenziale,  è non rinunciare mai al proprio pensiero e al confronto del proprio con quello degli altri. 

[“Quotidiano di Puglia”, Domenica 20 ottobre 2019]

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