di Paolo Maria Mariano
È del 1797 un’acquaforte e acquatinta di Francisco José de Goya y Lucientes, larga 16,7cm e alta 21,6cm, conservata nella Biblioteca Nazionale di Spagna, inclusa in un portfolio di 80 incisioni pubblicate nel 1799 e dedicate alla rappresentazione allegorica, umoristica e fantastica dei vizi e delle miserie umane, un’acquaforte e acquatinta infinitamente meno nota del suo titolo, Il sonno della ragione genera mostri, che è diventata una frase paradigmatica che si cita dimentichi della sua origine e spesso anche di chi ne fu l’autore. Nell’Helman, un manoscritto conservato nella stessa biblioteca e dello stesso Goya, a proposito del titolo il pittore scrive (p. 221) che “la fantasia priva della ragione genera impossibili mostri: unita alla ragione è madre delle arti e origine di meraviglie”.
Alla percezione immediata, quella collegata all’esperienza giornaliera, al cumulo delle conoscenze individuali, per quanto traballanti e diverse da persona a persona esse siano, il titolo di Goya non fa sollevare immediate obiezioni e, in questo, pare portatore di un contenuto istintivamente universale; apre, però, una serie di questioni la cui analisi può difficilmente terminarsi in poche righe, utili forse solo a elencare alcuni problemi al titolo stesso connessi.