Si pensava che pronunciare la parola progresso permettesse di smentire quello che disse una volta Eduardo De Filippo ai giovani del Sud. Disse: fuitevenne. Se avete una speranza, un desiderio, un sogno, se avete voglia di fare, di farvi capire, fuitevenne, andate via da qui. Ma ogni luogo dal quale i giovani vanno via si immiserisce di cultura e di economia. Soprattutto si impoverisce di umanità.
Se non sarà del tutto forestiero il viaggiatore che capiterà da queste parti in un giorno d’autunno, d’inverno, fra dieci anni, fra venti, se avrà un’origine annodata a questa terra, una qualche passione per essa, proverà molti sentimenti, ma soprattutto sentirà precipitargli addosso un sentimento di tristezza.
Forse proverà anche rabbia, compassione. Ma soprattutto proverà tristezza: per quello che poteva essere e non è stato, che si poteva fare e non si è fatto.
La fuga ininterrotta dal Sud fa soprattutto tristezza.
Però, in questo tempo qualcosa ancora si può fare, in modo che fra dieci anni, fra venti, si abbia una storia diversa da raccontare agli altri e a noi stessi.
Per esempio: si possono creare condizioni per spalancare ai giovani porte e portoni di lavoro. Si possono stendere tappeti rossi sulle strade dove camminano le loro competenze e i loro saperi. Si possono gettare ponti d’oro per farli andare lì dove c’è qualcosa da imparare e per farli ritornare ad insegnarci tutto quello che hanno imparato. Si possono issare bandiere cucite con le loro idee belle e nuove, con i loro entusiasmi, i loro impeti, le loro passioni, con la loro innocenza e la loro lucida incoscienza, con i loro astratti furori, con tutto il coraggio che hanno, con tutti gli errori che fanno, con l’imprudenza dell’età che gli consente di percorrere strade diverse da quelle che percorrono tutti gli altri.
Si possono – si devono – creare occasioni che costituiscano una motivazione, una seduzione per restare.
Si possono – si devono- determinare i presupposti che permettano loro di creare da se stessi le occasioni.
Molte sono state le avventure che il Sud ha intrapreso negli anni, nei secoli. Molte volte, quasi sempre, quelle avventure hanno portato a sponde di rinascita, di sviluppo, di progresso. Molti territori della Storia appartengono al Sud. Non si può negare.
Adesso è tempo che il Sud intraprenda un’altra, nuova, diversa avventura, che senza l’inesperienza, l’entusiasmo, la passione dei giovani non potrà intraprendere mai.
Adesso è il tempo di un’avventura del pensiero. E’ il tempo che pretende nuove maniere di decodifica e interpretazione dei segni del passato e di quelli del presente, di pensare il futuro e di proiettarsi verso i suoi orizzonti, di acquisire conoscenze e di metterle a disposizione degli altri e di se stessi. Adesso è il tempo di un pensiero capace di collocare il Sud in una relazione dinamica e inevitabile con l’Europa e il Mediterraneo. E’ perfino il tempo di un’altra arte, un’altra letteratura, un’altra cultura nel suo senso generale e particolare. Perfino il tempo di un altro immaginario soggettivo e collettivo, di un’altra fantasia.
Non si può più, nessuno può più concedersi il privilegio di riproporre formule antiche, vuoti stereotipi, consunte metafore.
Il destino del Sud dipende dalla sua capacità di elaborare un nuovo pensiero.
I giovani esistono per fare questo, e soltanto loro lo possono fare. E’ necessario, indispensabile, fondamentale, che lo facciano qui.
Così, se fra dieci, vent’anni, un viaggiatore si troverà a passare da queste parti, in uno dei luoghi dove il Sud è Sud, potrà trovare giardini fioriti di cultura, di possibilità, di occasioni. Potrà trovare esperienze di crescita, di creatività, realizzate guardando a volte indietro, perché indietro si trovano confuse la miseria e la gloria, e a volte avanti, lontano, perché avanti può essere gloria, ancora.
[“Quotidiano di Puglia”, Domenica 29 settembre 2019]