La protesta dei giovani e il ruolo della scuola

Ho dedicato la mia vita (e ho scritto diversi libri) proprio su questo argomento e quindi figuriamoci se non sono d’accordo con le proteste: sono d’accordissimo. E il fatto che siano stati moltissimi a dirlo, prima di chi ora protesta, non sminuisce minimamente la portata delle proteste. L’importante non è avere ragione, l’importante è riuscire a farla valere! E noi che diciamo queste cose da sempre non siamo riusciti a far valere i nostri argomenti. Persino il Papa, con Laudato Sì, ha detto esattamente queste cose, ma con scarsi risultati. Prima di lui Al Gore (di cui forse questi ragazzi non hanno mai sentito parlare).Questa consapevolezza dei giovani dimostra una cosa: la scuola è indietro di secoli. Non le hanno imparate a scuola, queste cose. E io mi chiedo: avranno veramente capito i motivi per cui stanno ora gridando per le strade? Sapranno come funziona un ecosistema? Sapranno cosa significa l’acidificazione degli oceani? Sapranno cosa significa lo scioglimento delle calotte polari? Cosa implicano questi fenomeni nel modificare il grande trasportatore oceanico che determina il clima sull’intero pianeta? Alzi la mano chi sa cosa sia il grande trasportatore oceanico! E se qualcuno lo sa, le probabilità che lo abbia imparato a scuola sono remotissime. La consapevolezza dei motivi della protesta è importante quanto la protesta. Perché se un governo dovesse dire: bene, mi avete convinto, e ora che facciamo? Che proposte ci sarebbero? Il nostro governo apparentemente lo ha capito. La sostenibilità è nel programma, c’è persino la parola “biodiversità”. Ma non basta pronunciare parole, bisogna anche conoscerne il significato. La biodiversità non è nei percorsi scolastici, non c’è la sostenibilità, e non ci sono gli ecosistemi. Qualche docente sensibile li tratta nei percorsi extracurriculari, ma la maggior parte degli studenti non riceve queste conoscenze. Se stanno protestando per questo, secondo me senza neppure sapere bene perché, significa che ne  hanno percepito l’importanza, e sono certo che abbiano voglia di saperne di più. Ma quest’ansia di sapere non viene soddisfatta dalla scuola. E non si può fare solo ecologia, bisogna fare anche economia. Le due materie vanno insegnate assieme. Il rischio è che si capisca che il problema esiste ma non si sappia come risolverlo. E il rischio è che chiamino a risolverlo proprio quelli che lo hanno creato. Volete una prova? L’Europa ha capito che l’oceano va difeso e ha lanciato un’iniziativa al riguardo, si chiama Blue Growth: Crescita Blu. Non so se è chiaro. La crescita infinita non è possibile, vista la finitezza del pianeta. E noi stiamo distruggendo il capitale naturale in nome della crescita del capitale economico. La parola crescita definisce un obiettivo irrealizzabile. E come si chiama il piano che dovrebbe salvare gli oceani? Crescita Blu. L’informazione è passata, ma ora va elevata al rango di conoscenza. E la conoscenza dovrebbe indurre a saggezza. La strada è ancora lunga, ma passa dalla scuola. Bisogna introdurre la materia “Ecologia, economia e sostenibilità” in tutti i percorsi scolastici, dalle elementari a tutti i curricula universitari. È tanto importante quanto la matematica e l’italiano e, paradossalmente, i ragazzi avrebbero più voglia di imparare questo piuttosto che mandare a memoria teoremi e poesie. Il futuro comincia a scuola, ma questi ragazzi cercano di prepararselo senza aver ricevuto alcun contributo dalla scuola.

[“Il Secolo XIX” del 28 settembre 2019]

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