Di mestiere faccio il linguista 19. Giovanotti e signorine

di Rosario Coluccia

Anche questa settimana, per la seconda volta di fila, rispondo a domande proposte dai lettori che scrivono al giornale. Ricordo le regole. Verrà sempre rispettata la volontà del mittente indicandone o omettendone il nome, caso per caso. Ma il nome di chi scrive dovrà essere sempre esplicito nella lettera, i messaggi vanno firmati, non si potrà tener conto di scritti anonimi.

Un lettore mi scrive di essere rimasto colpito da quanto visto in televisione il 7 ottobre, durante la trasmissione condotta da Lilli Gruber. Discutevano del prossimo referendum Maria Elena Boschi, ministra per le Riforme Costituzionali e i Rapporti con il Parlamento, e Matteo Salvini, leader della Lega Nord. Il dibattito era piuttosto acceso e spesso da parte di Salvini si facevano allusioni e insinuazioni anche di tipo personale, al punto che la conduttrice Gruber ha rimproverato Salvini: «Eravamo d’accordo che avremmo parlato di referendum». E lui ha replicato: «Lo so, ma avere davanti la Boschi non capita tutti i giorni, ho abusato del ministro». Durante lo scontro verbale il leghista ha detto: «Votare “no” servirà a mandare via la signorina Boschi». «Al giovanotto Salvini – ha ribattuto la ministra – vorrei chiedere se vuole ridurre il numero dei parlamentari e i costi della politica oppure no, se vuole abolire il Cnel oppure no, se vuole velocizzare la burocrazia in questo Paese oppure no». Ecco la domanda del lettore. «L’uso di signorina da parte di Salvini e di giovanotto da parte di Boschi non mi è parso neutro, mi è parso di scorgervi un tono di attacco, forse di irrisione. È così? Eppure quelle parole non sono offensive, fanno parte della lingua corrente e si usano normalmente».

Non entro in questo momento nel merito delle diverse posizioni, favorevoli o contrarie al referendum. Non è materia di questa rubrica, perlomeno non direttamente. Ma il lettore ha ragione, l’uso che è stato fatto in quel contesto dei due termini di cui parliamo non è neutro, sottintende altro. Vediamo perché. Definiamo «appellativi allocutivi» le parole usate per chiamare gli interlocutori in situazioni di dialogo diretto, reale o fittizio, o per richiamare la loro attenzione: caro dottoreegregio signore, ecc. Anche signorina e giovanotto rientrano in questa categoria, ma il loro uso richiede precisazioni.

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