Il respiro dell’ora

Nuvole d’ali che navigano alte

sopra l’oceano, guizzi di lucertole

nei meriggi di luglio sulla terra

rossa, gridi di gazze tra gli ulivi,

tutto è sempre ora.

Ha termine qui la prima strofa. Il lettore di Prete è ormai abituato  – Tutto è sempre ora è la terza raccolta poetica, dopo Menhir (2007) e Se la pietra fiorisce (2012) – a queste improvvise ascensioni e altrettanto improvvise discese, dalle altezze vertiginose del cielo sopra l’oceano alla terra rossa salentina rigata dallo strisciare rapido delle lucertole, mentre “le gazze tra gli ulivi” gridano nel luglio assolato. Non sono accostamenti gratuiti, bensì tentativi di ricerca d’una correspondance tra le apparenze del mondo, d’una loro contiguità,  modi di “incorniciare” il mondo (si legga la prosa Pensieri sull’armonia a p. 109) per meglio comprenderlo e ritrovarne l’intrinseca armonia, che la ragione impoetica non conosce più. Immagini della memoria, che riportano il poeta nella nativa campagna salentina, la scena principale della giovinezza, la scena iniziale, il momento aurorale, dell’esperienza poetica individuale:

Il canto roco, eguale, di rotaie

mentre i vagoni rigano pianure

e intorno corrono alberi, anni, cieli,

la tua mano che m’avvolge la sciarpa

sul bavero nelle albe degli addii,

tutto è sempre ora.

Il paesaggio salentino della giovinezza evocato nella prima strofa è anche il luogo del distacco, degli addii, ma anche di un nuovo inizio, l’inizio di una nuova vita in un altrove tutto da scoprire. Dalla storia dell’universo, del suo inizio fragoroso, alla storia del proprio inizio doloroso, la partenza. Tutto è inciso nella memoria, gli innumerevoli viaggi in treno, attraverso paesaggi e tempi mutevoli, e il gesto materno – la madre è sempre presenza viva nella poesia di Prete -, d’una madre che sembra voler difendere il figlio dalle insidie del mondo. La memoria ricorda tutto, gli incendi primordiali e le emozioni delle giovinezza, come se tutto fosse “ora”.

Il transito, la cenere, l’aurora,

tutto è sempre nel respiro dell’ora.

Due endecasillabi compongono la terza strofa e chiudono la poesia in un riassunto che conferma il già detto; qui tre sono le parole chiave, con le quali Prete suggella la poesia. Il transito, ovvero il passaggio, il movimento incessante delle apparenze, lo scorrere del tempo irreversibile. Ma tutto presto si trasforma in cenere, in un niente: “Una bolla / è il mondo gonfia di niente / che fluttua piano nell’aria / sotto un cielo di stelle spente”, è scritto in copertina. Eppure, là dove sembra che tutto sia finito, tutto ricomincia, perché la legge delle apparenze è la loro perenne metamorfosi. Ecco la terza parola, l’aurora, ovvero un nuovo inizio auspicato per “l’uomo nuovo” (leggi L’orecchio interiore, p. 111), che sappia cogliere l’armonia del tutto. Solo per lui, infatti,  tutto è sempre ora.

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