Buonanno aveva motivato il provvedimento con una tirata anti-islamica dal furore razzista che eravamo abituati a riconoscergli. “La verità è che gli uomini di potere”, scrive Perissinotto, “continuano a decidere quanti centimetri di stoffa deve avere addosso una donna per essere decente… il divieto di indossare il burkini in quanto intervento esterno ed autoritario sulla donna, non serve a ridurne l’asservimento e la espone ad un asservimento di segno opposto. Per smontare l’ideologia di asservimento non si possono imporre livelli minimi di nudità ma bisogna educare uomini e donne alla libertà di scelta, anche all’interno di un dialogo con l’islam”. Apprendo la curiosa notizia del divieto di burkini in un giorno di ferie, quando sono stravaccato in spiaggia a godermi il meritato riposo. In spiaggia, vedo donne bellissime, prosperose e molto scoperte. I costumi da bagno femminili negli ultimi anni sono diventati sempre più striminziti a tutto vantaggio di uomini allupati che fingendo di leggere il giornale o di sonnecchiare dietro gli occhiali da sole si godono lo spettacolo sexi. Forse per pareggiare il clima vacanziero che non mi è proprio consentaneo e la leggerezza della situazione, ho scelto una lettura che più pesante non si può: il “Laocoonte” di Lessing. Non so perché sono andato a pescare dalla mia polverosa libreria un testo del genere, che penso abbia fatto scoraggiare anche gli stessi esperti del settore quando per lavoro l’hanno avuto tra le mani. Forse perché volevo leggere uno dei testi primordiali del romanticismo europeo, uno di quei testi sempre citati ma mai letti veramente. Ecco allora, se davvero difficile è seguire lo scritto del Lessing, troppo tecnico, carico, contraddittorio, tuttavia non si può non riconoscergli il grande merito di aver aperto una strada che è quella della critica estetica portata alle estreme conseguenze. Non fu il primo in ordine cronologico, ma certo in ordine di importanza. E che il dominio dell’estetica fosse rilevante e sganciato rispetto a quello della logica e dei sensi (come ritenevano gli illuministi francesi) è una lezione che, guarda caso, può essere applicata alle considerazioni che vado elucubrando sulle donne giunoniche e provocanti dalle quali sono circondato in spiaggia. L’estetica vince su tutto. Alcune sono sculture di protesi. Le mie preferenze vanno alle bellezze naturali, non siliconate, anche se scontano l’inevitabile peso degli anni. Ma allora, tornando alla mia riflessione, penso: se divieto deve essere, non si può vietare solo chi è troppo vestita, ma anche chi lo è troppo poco. E mi chiedo: se invece si vietasse la spiaggia alle donne rifatte? Cosa accadrebbe? E via col furore proibizionista. Se volessimo essere impietosi e cattivi, diremmo: fra la limacciosa copertura di certe donne arabe e l’esibizionismo e lo spavaldo narcisismo di certe donne occidentali quale differenza c’è? Nessuna. Entrambi gli atteggiamenti sono figli di una certa sottocultura, la prima ammantata da una travisata fede nel divino e l’altra da una più che pagana fede nel terreno. Ma io non voglio dar giudizi e anzi mi godo lo spettacolo delle donne occidentali che si mostrano generosamente.
Però mi viene di pensare che l’estetica non può condizionare le norme di legge; dati alcuni livelli minimi di decoro, tutto quello che appartiene al gusto del singolo, alla sua fede, all’etnia, alle proprie convinzioni politiche, sociali, ecc. , non può essere regolamentato per legge. Sennò, via di questo passo si va a ricadere nell’oscurantismo, appannaggio delle epoche buie della tirannia. Ma forse la mia è solo una speculazione agostana, una riflessione da ombrellone che lascia il tempo che trova. Allora, meglio smettere di speculare e continuare a sollazzarmi alla vista delle attraenti curve delle bellezze al bagno.
Agosto 2016