di Maurizio Nocera
Luglio 2019. L’intarsiatore parabitano Enzo Fasano mi invita presso il suo studio a vedere la sua ultima produzione di disegni acquerellati e pastellati relativi alla morte degli ulivi salentini attaccati dall’essicamento rapido evolutivo. L’artista sa – ci conosciamo da quando avevamo ancora i calzoni corti – che per me l’ulivo salentino è l’albero la cui origine affonda nella notte dei tempi. Sotto la sua ombra io e lui siamo nati, per cui è per noi padre e madre, fratello e sorella, divinità ancestrale di questa terra rossa come il sangue che ci fa vivere di sogni e fantasie.
Il legame che stringe Fasano alla terra del Salento sta nella sua Parabita, che ben Mario Marti la definì come «la prima via, commossa e in tanta parte anche autobiografica, per toccare le radici dell’autentico storico ed esistenziale» (v. L’Intarsiatore alla ricerca della felicità, 1986). E ancora, in tempi più recenti, lo stesso Marti scrive che «le campagne, le fatiche, le case, i paesaggi di Parabita, furono il primo, vero, grande e istruttivo libro della sua formazione; e il lavoro dei campi la sua prima, autentica e personale esperienza di vita» (v. Omaggio a Enzo Fasano, a cura di A. Laporta, 1997).
Gigi Montonato, intellettuale taurisanese presente sulla scena culturale salentina da una quarantina d’anni e passa, afferma che «dal punto di vista cromatico gli intarsi pittorici di Enzo Fasano sono un inno “obbligato” alla terra, colta in ogni sfumatura di ocra, di giallo, di rosso, di marrone, di nero. Qualunque cosa le sue tavole rappresentino è sempre la terra con i suoi colori che s’impone come atmosfera e messaggio./ Il luogo, la sua Parabita, è condizionante. Zona archeologica, con le sue “Veneri” e col suo parco, non può non avere influito sul suo immaginario» (v. Le grotte di Porto Badisco, scoperte nel 1970, sono ancora chiuse al pubblico, ma alla “luce” nelle tarsie di Enzo Fasano, in «Presenza Taurisanese», settembre 2017).
Il dantista salentino Luigi Scorrano, invece, in tre suoi interventi, il primo del 2014, dice che «Enzo Fasano interpreta quel che sa di legame inscindibile con la propria terra, attraverso l’arte della tarsia, in un gioco di accostamenti in cui mente e mano collaborano in stretta uniformità […] La terra è rappresentata e richiamata nella gioia dei frutti che produce e dona all’uomo. [… Egli] rappresenta i sogni della terra: quelli che sono del suo ambiente e della sua gente. Sogni di riscatto, un tempo: oggi, di avanzamento. Senza tradire le origini, senza erigere barriere tra passato e presente, costruendo sulla storia remota la storia d’oggi» (v. Enzo Fasano: i sogni della terra).