Altre indagini offrono dati ugualmente impressionanti. Ne ha parlato, ripetutamente, un grande e molto famoso linguista scomparso da qualche anno, Tullio De Mauro, che ora viene attaccato per le sue tesi sull’educazione linguistica da persone che non lo hanno contraddetto finché era in vita. La Postfazione di un suo libro recentemente ristampato ha un titolo illuminante (Guida all’uso delle parole) e un sottotitolo allettante (Parlare e scrivere semplice e preciso per capire e farsi capire). Più della metà della popolazione italiana adulta dichiara di non leggere, in un anno intero, neppure un libro. I motivi della ridotta o inesistente lettura, che coinvolge anche laureati e dirigenti, risiedono (per dichiarazione esplicita di molti intervistati), nella mancanza di interesse: quello che è nei libri, di qualsiasi argomento (compresi temi poco impegnativi come la cucina e i viaggi) non attrae l’attenzione dei potenziali lettori. Magari sono le stesse persone che apprezzano le insopportabili trasmissioni televisive sulla cucina, affollate di cuochi famosi (gli stessi che nella pubblicità invitano a «osare in cucina» la patatina fritta preconfezionata) e di dilettanti in gara tra loro; o che seguono i servizi dedicati, con immagini suadenti, a luoghi vicini e lontani del pianeta. Ma leggere no, non si va oltre lo schermo. Il disinteresse verso i libri è confermato da indagini che riguardano i consumi e le spese delle famiglie: solo il 10% spende in un anno qualche euro per comprare libri non scolastici. Di conseguenza, nella metà delle famiglie italiane mancano del tutto (o sono presenti in misura irrilevante) libri non scolastici.
Enrico Vanzina, regista, sceneggiatore e scrittore, figlio del grande Steno, è autore, insieme al fratello Carlo, di oltre cento film di grande successo; da anni tiene sul «Messaggero» una rubrica domenicale intelligente e ironica intitolata «Che ci faccio io qui?». Il 18 agosto Vanzina consiglia: «Le vacanze sono anche un momento serio. Invece di lavare il Suv alla solita fontanella, o di cercare il colore di Lukaku al sole, occupate il vostro tempo leggendo dei libri». Invito inascoltato. Quando viaggio, mi capita di osservare il comportamento di coloro che sono nello stesso scompartimento ferroviario, nello stesso bus, nello stesso aereo. Pochissimi leggono un libro. Qualcuno sfoglia rapidamente un giornale, quasi sempre sportivo (nulla di male: anche a me piace lo sport). La maggior parte dei viaggiatori consulta compulsivamente il cellulare, guardando e riguardando foto che avrà già visto centinaia di volte. Lo stesso, anzi peggio, capita negli studi medici o dentistici. Qui non ho mai visto un paziente in attesa leggere un libro; al massimo si sfogliano settimanali invecchiati o si fissa il vuoto. Quanto tempo sprecato, un vero peccato! Non va così dappertutto. A Varsavia in bus, a Parigi in metropolitana, ho visto signore anziane con la borsa della spesa e giovani universitari intenti a leggere libri, a volte anche in piedi se i posti a sedere sono occupati.
Una bella pagina di «Nuovo Quotidiano» del 17 agosto dà conto di una classifica Amazon sugli acquisti di libri online. Anche in questo caso (come in altre classifiche che abbiamo citato nelle scorse settimane) il Sud ne esce male. Su 53 centri italiani esaminati (si considerano solo le città con oltre 90 mila abitanti, in Puglia solo Bari, Foggia, Lecce e Taranto) Lecce è al 41esimo posto, seguita da Bari al 46esimo, da Taranto al 52esimo e da Foggia al 53esimo. Dunque proprio in fondo a tutti. Dati perfettamente congruenti con i risultati dell’indagine PIAAC sopra ricordata. La diffusione dell’analfabetismo di ritorno non è uniforme nel territorio nazionale: il Nord-Est ha contenuti livelli di analfabetismo (paragonabili con quelli nord-europei), Sud e Isole tirano in basso la statistica (queste regioni si accostano a Spagna e Grecia). È giustamente sconsolata Agnese Manni, che continua la meritoria attività dei genitori, Piero e Anna Grazia D’Oria; Agnese fa l’editrice (è una donna perché definirla «editore»?). La situazione al Sud è negativa: si legge poco, non si promuove la lettura, nessuna politica prende in considerazione il problema.
Fahrenheit 451 è un romanzo del 1953 (edito anche in Italia nel 1956), scritto da Ray Bradbury; nel 1966 se ne trasse un film molto visto e molto bello, diretto da François Truffaut. Nella allucinante società descritta da Bradbury leggere o possedere libri è un reato; per eliminare la possibilità stessa del reato un corpo di vigili del fuoco, invece di spegnere gli incendi, ha il compito di bruciare i volumi in circolazione. «Bruciare sempre, bruciare tutto. Il fuoco splende e il fuoco pulisce» si legge nel romanzo. Per opporsi, gruppi di uomini e donne nascosti nei boschi custodiscono il patrimonio librario mondiale mandandone a memoria il testo: resistono, l’umanità perpetua sé stessa.
Oggi per fortuna non ci sono più roghi di libri, perlomeno in Occidente. Leggere libri non è vietato. Ma non è granché apprezzato, molta gente si gloria della propria ignoranza.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di domenica 8 settembre 2019]