di Antonio Errico
L’anno comincia il primo di settembre, sulla soglia di questo giorno che ad un tempo separa e congiunge un’estate non ancora finita e un autunno forse ancora lontano.
E’ sulla soglia di questo giorno che il pensiero fa ritorno nei paesaggi della realtà, alle storie dell’esistenza concreta, alle dimensioni e alle condizioni che ci appartengono intimamente, alle quali intimamente apparteniamo.
In questo giorno, su questa soglia, agosto diventa come una pagina di digressione nel contesto di un racconto coerente, coeso, compatto, serrato, incalzante, stringente. Tutto quello che è stato in quel mese, comincia a sfumare, all’improvviso; qualche volta si fa indifferenza; qualche volta si fa nostalgia. Spesso, quasi sempre, quello che agosto diventa dipende dalle stagioni della vita. Forse l’estate esiste davvero fin quando non si fanno gli esami di maturità. Esiste fino a quel punto. Fino a quando, finiti gli orali, non si va a fare un tuffo, avvertendo la sensazione di una rinascita, di un altro cominciamento.
Poi, dall’istante in cui si riemerge, agosto si costringe in una settimana, forse in dieci giorni, non di più. Si consuma nell’attesa di settembre, del suo primo giorno, del ritorno al proprio tempo di maturità.