I giovani archeologi libici (molti parlano benissimo l’italiano perché si sono formati nelle nostre Università) hanno presentato una realtà tragica di distruzioni e saccheggi e quanti ascoltavano hanno provato un profondo disagio ed una reale sofferenza. In territori in cui l’unica legge è quella delle milizie islamiche, il sistema di tutela del patrimonio culturale, realizzato grazie al fondamentale apporto del nostro Paese, si è gradualmente sfaldato: non solo l’assalto ai Musei da parte dei ladri di oggetti antichi e dei fanatici religiosi, ma anche l’incuria diffusa in cui versano le aree archeologiche ed i monumenti, privi ormai di qualsiasi manutenzione. Il fenomeno peggiore è tuttavia costituito dall’aumento della popolazione, anche a seguito dell’arrivo di profughi dalle vicine aree di guerra come la Siria e l’Iraq. Si creano fenomeni incontrollati di inurbamento, che non tengono più conto del paesaggio e del patrimonio archeologico, ed i terreni vengono divisi in parcelle e venduti per l’edilizia. Non importa che in quei terreni siano presenti monumenti noti da secoli alla letteratura archeologica: vengono sbancati con le ruspe e cementificati. Nella situazione più drammatica si trova oggi Cirene, la grande metropoli greca fondata sulla costa africana, della quale i grandissimi della letteratura ellenica hanno raccontato le gesta: vengono immediatamente alla memoria le Pitiche di Pindaro, i versi di Callimaco e gli scritti eruditi di Apollonio Rodio. Tutti ne vantano la bellezza della posizione naturale; Erodoto poi allude all’amenità del suo clima, con la felice immagine del “cielo bucato”, dal quale le piogge irrigavano il suo territorio, a differenza che nelle contigue plaghe desertiche. Oggi l’impareggiabile paesaggio intorno alla città, dove sorgono santuari, necropoli rupestri di incredibile bellezza, templi, appare irrimediabilmente invaso dalle costruzioni abusive: come nei periodo più bui del Medioevo, con i blocchi squadrati delle antiche costruzioni, si costruiscono muri di recinzione, fondazioni di orribili case in cemento. Nelle antiche tombe greche scavate nella roccia si fa il picnic, lasciandovi ogni genere di immondizie, scrivendo, sopra le facciate doriche, con le bombolette spray i nomi di barbari avventori.
Solo alcuni funzionari del Dipartimento delle Antichità libiche cercano di contrastare questo tsunami e lo fanno davvero in modo eroico, rischiando anche la propria vita. Come il giovane archeologo Ahmed Almhgub, che, per salvare il Museo di Leptis Magna dal saccheggio, vi si era barricato, con alcuni volontari, curando poi il trasferimento in depositi sicuri dei capolavori che vi erano esposti. Un eroe dell’archeologia, come i suoi colleghi della Siria e dell’Iraq, e per questo, nel 2011, ha ricevuto il Premio Paestum, nel quadro della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico.
Ma la furia delle milizie fondamentaliste del Daesh non risparmia neppure i monumenti storici dell’Islam, in particolare le moschee legate alla memoria ed alle tombe dei santi, (i murabit, marabutto nella traduzione italiana), legati alla tradizione mistica del Sufismo, ed alla devozione popolare. Come è successo per il mausoleo di Sida Yahia a Timbuctu, un capolavoro dell’architettura islamica africana, questi monumenti vengono fatti saltare in aria con la dinamite. Solo dopo snervanti trattative con i fanatici religiosi salafiti, i nostri amici del Dipartimento riuscirono a impedire che la moschea venisse fatta esplodere, ma solo a patto che le povere ossa del santo venissero tolte dal mausoleo e trasferite al cimitero.
Difficile vedere la fine di questo incubo, ma qualche segnale di ottimismo c’è, ad esempio nella iniziativa presa dai Sindaci delle cinque città in cui si trovano i siti di importanza per l’Umanità, che l’Unesco ha inserito nella sua Lista: le città greco-romane di Sabratha, di Leptis Magna e di Cirene, la fantastica Gadames, in un’oasi nel deserto del Fezzan, le rocce con pitture rupestri nel massiccio di Tadrart Akakus. I cinque siti si trovano nelle tre grandi regioni libiche della Cirenaica, della Tripolitania e del Fezzan, tutte coinvolte nelle note vicende belliche: nonostante la difficoltà a far dialogare tra loro milizie, signori della guerra, istituzioni internazionali, le cinque città hanno trovato nella Cultura le strade della collaborazione, creando l’Unione delle citta libiche dell’Unesco. Forse dalla Cultura e dalla coscienza di una identità nazionale basata sulla Storia millenaria della Libia, potrà venire l’indicazione di un futuro, diverso dal disastro attuale!
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di domenica 21 luglio 2019]