L’Università di Catania è stata abbinata a quella del Salento da un progetto di eccellenza, il Catania-Lecce, che ha portato enormi risorse alle due Università. Il vero problema, però, non sono i soldi: al sud sono abbondantissimi. Il problema è il capitale umano, chi spende quei soldi, chi entra nelle strutture costruite con quei soldi. Le valutazioni della ricerca, e non le indagini della Magistratura, mostrano che quei soldi non sono spesi bene. E questo porta all’inevitabile decadenza di queste Università. Perché non possiamo continuare in questo modo, non possiamo permettercelo. Con la valutazione della ricerca e i Dipartimenti di Eccellenza si dice alle Università: valorizza quel che hai, investi in qualità e sarai premiata. Ogni Università deve fare i conti e chiedersi: quali sono le aree in cui esprimo alta qualità nella ricerca? E quali sono quelle in cui la potrei esprimere con opportuni investimenti? Su queste aree dovrebbe puntare. Alcune lo stanno facendo, altre no. Chi pensa a Università come esamifici in cui attirare studenti locali che non si possono permettere di andare in Università migliori, senza investire su alta qualità della ricerca scientifica (la vera caratteristica che qualifica un’Università), condanna alla decadenza la struttura in cui opera. La Magistratura può entrare nel merito degli atti formali di singoli concorsi, ma il vero danno apportato da scelte scellerate è poco valutabile in termini giuridici. Dato che le Università sono rette in modo democratico (tutte le cariche sono elettive) il loro destino è il frutto delle scelte democratiche ineccepibili. Come al solito, però, chi compie scelte scellerate oggi, per avvantaggiare le proprie posizioni, raccoglie frutti immediati che condanneranno l’Università nel futuro. I corsi di laurea non costruiti su solidissima ricerca scientifica saranno solo un ammortizzatore sociale, non un ascensore sociale, e anche il territorio sarà defraudato. Lo smantellamento dei corsi basati su buoni risultati scientifici premierà chi si ciberà delle risorse delle loro spoglie (le Università che “fanno la spesa”), ma contribuirà alla retrocessione nelle graduatorie delle Università dissanguate dei loro elementi migliori. Se questi vanno via, di chi è la responsabilità? Chi sarà chiamato a rispondere della decadenza? Nessun rettore si sente chiedere: quanti docenti con ottime valutazioni sono andati via durante il tuo rettorato? Quanti docenti con ottime valutazioni sono stati assunti o promossi durante sul tuo elettorato? È quindi essenziale eleggere rettori che abbiano capito benissimo che oggi il paese chiede alta qualità scientifica, e didattica basata su di essa. Chi capirà andrà avanti, chi non capirà ne pagherà le conseguenze, non in termini personali ma in termini di Università e di territorio, sempre più spinti verso la marginalità. Non per la malvagità degli altri ma per l’inadeguatezza nel capire e nell’agire di conseguenza.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di domenica 30 giugno 2019]