di Pietro Totaro
Il termine xilografia deriva dalla combinazione di due parole greche: ξύλον (legno) e γραφή (rappresentazione per mezzo di linee; disegno; poi, scrittura). Si tratta di incisione su legno per ottenere una matrice da stampa. Il legno usato è di tipo duro: bosso, pero, melo, sorbo, ciliegio, noce, ulivo.
Origini. Già nel periodo tardo-antico (672 a. C.-332 a. C.) si registra in Egitto l’uso di matrici di legno per decorare, attraverso la stampa, tessuti e documenti. Punzoni di legno per contrassegnare stoffe pare siano stati usati in epoca romana. Appaiono in Cina i primi frammenti di libri ottenuti da stampa xilografica e sono datati intorno al 932 a. C., tempo della dinastia Ming. In Italia, stampe di stoffe o di “breviari” o di carte da gioco sono documentate fin dal XIII secolo, nel resto d’Europa dal XIV secolo. Non è chiaro se il procedimento sia stato portato dalla Cina da francescani di Borgogna o da Marco Polo, oppure sia stato trovato in Europa in maniera indipendente. La xilografia si lega essenzialmente alla stampa libraria. Lo sviluppo delle Università aveva portato un’accresciuta richiesta di testi, difficilmente soddisfatta dalla produzione di manoscritti. L’introduzione in Europa della carta ad opera degli Arabi, che avevano carpito il procedimento di produzione ai Cinesi, metteva a disposizione un materiale più economico della pergamena. Un primo testo librario, stampato da xilografie, è del 1418; appare nella regione del Reno, in cui c’era tradizione d’intaglio del legno. Dalla fine del secolo XV, il procedimento si diffonde in Italia, soprattutto in Veneto.