Il libro ha un suo percorso, ogni tappa ha una piccola monografia, senza la pesantezza del procedere scientifico, come se l’autrice volesse invitare il visitatore-lettore a fermarsi volta per volta e a leggere i luoghi, le persone e i fatti per cui quella tappa meriti la riflessione o, avendoli letti prima, vada poi a verificarli. Il libro ha anche delle illustrazioni, piccole ed essenziali nel loro colore di stampa in bianco e nero. Inutile, oggi, mettersi a gareggiare in fotografie con strumenti assai più competitivi.
Luoghi orridi e incantevoli insieme, fatti storici tremendi, personaggi dell’arte e della letteratura, le cui vicende s’intrecciano con gli eventi storici, antichi e moderni, rendono questa regione, più che una scoperta, una vera reinvenzione. Da “vergogna d’Italia”, come la ebbero a considerare eminenti personalità della politica del dopoguerra, come De Gasperi e Togliatti, per via delle sue condizioni di miseria e di indigenza, a Capitale Europea della Cultura, nominata il 17 ottobre 2014, dopo aver vinto il confronto con altre città d’Italia, fra cui la vicina Lecce.
Dopo lo sguardo d’insieme, sia fisico che letterario, l’autrice si sofferma sul riscatto di Matera, che da città dei Sassi e dei Calanchi è diventata fiore all’occhiello nazionale e riferimento internazionale, sia per le sue bellezze naturali, location per film importanti, fra cui Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini e The Passion di Mel Gibson, sia per l’opera dell’uomo, manufatti, palazzi e strutture. Una città rivista e ricreata, una “meta irrinunciabile oggi”.
A tanto si è giunti per gli interventi coraggiosi delle pubbliche istituzioni che vollero per legge il suo svuotamento e poi il ritorno ai sassi, ma in ben altre condizioni fisiche e culturali. Non solo pubblici interventi, che oggi in particolare meritano il plauso di chi li prese e seppe gestirli ai più vari livelli, ma anche per quello che a questa città e a questa terra hanno dato uomini di eccezionale valore, locali e non.
Fra questi ultimi, Carlo Levi, medico torinese, confinato ad Aliano dal regime fascista nel 1935, pittore, scrittore e uomo politico, autore di uno dei libri italiani più diffusi nel mondo, Cristo si è fermato a Eboli, che ha fatto conoscere queste terre oltre ogni limite e ha creato la categoria delle “Lucanie del mondo”. Accusato dagli stessi lucani di sfruttare la povertà quasi in forma razzistica quando uscì il suo libro, oggi è considerato una sorta di Nume di questa terra, così impregnata della sua arte e del suo amore. Egli stesso volle essere sepolto in Aliano, a consacrare un’unione irrevocabile.
Benedetto Croce, che ci ha fatto scoprire la triste vicenda della poetessa Isabella Morra di Valsinni. L’infelice giovane uccisa dai fratelli perché accusata di aver intrattenuto una relazione, forse solo letteraria, in piena guerra tra Francia e Spagna, con un nobile spagnolo sposato e con tre figli. La vicenda ci porta ai tempi di Francesco I di Francia e l’imperatore Carlo V in lotta per il possesso dell’Italia, che apre uno squarcio interpretativo, come suggerisce la scrittrice Dacia Maraini, sulle condizioni spirituali dell’infelice poetessa: un desiderio di libertà più che sofferenza per un amore forse mai esistito: è “il denigrato sito /…sola cagion del mio tormento”.
La rinascita della Basilicata è frutto dell’incontro, a volte casuale (Levi), a volte politico (istituzioni), a volte antropologico (gli uomini di questa terra), di circostanze diverse.
Sono i poeti Albino Pierro di Tursi, Rocco Scotellaro di Tricarico, Leonardo Sinisgalli di Montemurro. Stiamo parlando di tre grandi poeti del Novecento, che hanno fatto il canone della letteratura meridionale.
Pierro, poeta dialettale, fu vicinissimo al Premio Nobel per la letteratura nella seconda metà degli anni Ottanta. Un poeta che è stato tradotto nelle lingue più diffuse e importanti del mondo, svedese incluso. Scotellaro, il poeta-politico della “libertà contadina”, sindaco del suo paese, così amato dalla sua gente, morto a trent’anni per infarto. Un commosso Carlo Levi pronunciò l’orazione funebre, dopo che l’oratore designato, Manlio Rossi-Doria, ebbe una crisi di irrefrenabile pianto.
Non sorprende che in quegli anni ci fosse tanta attenzione a uomini e fatti così relegati geograficamente. Erano anni in cui si cercava di conoscere il Mezzogiorno d’Italia come non lo si era fatto mai prima; in cui accanto alle iniziative del governo come la Cassa per il Mezzogiorno c’erano quelle che l’altro grande poeta lucano, Sinisgalli, chiamava “le voci sparse” degli intellettuali. Ecco perché poeti come Scotellaro, nella loro semplicità e nel loro realismo, impattano le esigenze nazionali di conoscenza di queste terre che sembravano maledette, condannate dalla natura, per riscattarle in una visione nuova della vita. Sinisgalli, che era un ingegnere e un critico d’arte, esprime una poesia antica e moderna insieme, temi legati alla sua terra e alla civiltà sempre più impetuosa delle macchine.
Una tappa non meno importante per la sua conclamata da sempre universalità è Venosa, patria del grande Orazio, il poeta latino che rifiutò di fare il segretario personale di Augusto per rimanere quel libero poeta e uomo che fu.
Il libro della Di Caro si può anche leggere come un bilancio critico di tutto ciò che è stata la Basilicata in questi ultimi settant’anni di uomini, di fatti, di interventi in progressione di bellezza e di civiltà.
[“Presenza taurisanese” a. XXXVII – n. 6 – giugno 2019, p. 12]