3. Lampada Liberty
Esagerano, ovviamente. Maria Luisa non ha tutto quel potere che credono loro, né ricava più di tanto dalle sue cariche. Per vivere continua a fare la cattedratica (è ordinaria di lingua francese all’Università di Messina), arrotondando quando può (è ormai anziana ed ha al suo seguito un piccolo esercito di persone da mantenere) coi premi letterari. Vanno bene tutti, anche i minori, purché ci siano soldi in palio.
Ed è proprio in uno di questi concorsi letterari – a Sorrento – che ho avuto l’onore e il piacere di conoscere Maria Luisa, ” la volpe”, – come la definì Montale, quasi sette lustri più vecchio, suo amante e suo sponsor, come scrive malignamente Alda Merini: “Maria Luisa fu il tuo gingillo felice / vi ci giocasti la senilità” . A me la Spaziani ha suggerito l’idea piuttosto di una lampada liberty un po’ polverosa che si trovano dai rigattieri, o una vecchia tigre senza unghie con la voce incatarrata per le sigarette che fuma, una dietro l’altra, ogni giorno.
4. La traversata dell’Oasi
Era incazzatissima perché era stata trattata alla stregua di tutti gli altri misconosciuti poeti ( quorum ego) e per il fatto che ancora non era arrivato il suo libro Mondadori La traversata dell’Oasi, che le aveva fruttato il primo premio, (millecinquecento euro) , di cui avrebbe potuto vendere qualche copia. Con quei suoi capelli rossi e radi e il suo scialle nero sembrava più una di quelle vecchine che portano le cartate di avanzi ai gatti famelici del Teatro Marcello, che alla furba volpe, di cui comunque il suo volto conserva le sembianze. Ma al di là delle apparenze fisionomiche e del suo carattere – che non dev’essere molto tenero – secondo me è un grande poeta e non sono il solo a pensarla così. C’è infatti chi la considera tout court la più grande poeta italiana vivente, unitamente alla richiamata Alda Merini, e l’ha scelta per farci su la tesi di laurea, “per la capacità evocativa e per la forza della sua poesia”. Nel suo ultimo libro, La traversata dell’oasi, rincorre la parabola di un amore maturo e senza tempo. Palpiti, impennate emotive e altrettanti scoramenti eludono la monotonia della melodia fissa in doppie quartine che alternano endecasillabi, decasillabi e versi ipermetri. E’ stato osservato che ci vuole del gran coraggio a mettere in rima oggi “i furori della passione amorosa, sfidando le insidie del romanticismo rosa e le secche dello scetticismo, le paludi del ridicolo”. Certo a vederla così nessuno direbbe che quella vecchia donna possa essere ancora soggetto di erotismo, però… c’è l’ironia, anzi l’autoironia come scudo. La Spaziani ricorre al paradosso sarcastico per pungere, l’enfasi pronta a minacciare, con le sue iperboli, la verità del sentimento, altrimenti cannibalizzato nei fuochi fatui della modernità.
5. Poesia femminile
Maria Luisa, io dico che tu sei una donna straordinaria, nata per fare poesia e poesia d’amore, ma il mio dubbio è questo: esiste veramente una poesia al femminile? Altroché se esiste, dice Baldacci, suo grande estimatore. Ha un suo timbro, un odore, un calore, anche una facies la poesia femminile che la distingue dalla poesia maschile. Amici, ma, ri-pensandoci, come si fa a non “innamorarsi” delle poesie di un’Anna Achmatova, Emily Dickinson , Marina Cvetaeva, o di un’Ada Merini (che pure è alcolizzata e orrenda con quella faccia butterata) o di quella straordinaria raffinatissima elegantissima e quasi eterea creatura che è Rossana Campo, una Venere delle nubi e del vento e delle stelle. E come si fa a non innamorarsi di Maria Luisa Spaziani, delle sue poesie che hanno il ritmo delle stelle, il fascino delle costellazioni, che sono la chioma di Berenice e il respiro di Andromeda. Hanno tutte quelle caratteristiche peculiari, quel quid che è solo e proprio della donna, della femminilità.
6. “Ti tengo al guinzaglio”
Epure, vi assicuro, che Maria Luisa è tutt’altro che “femminile”, quando ti guarda con quell’occhio strabico costantemente in tralice, ti scruta e ti pesa solo per farti sentire una nullità, oppure si smemora perché è annoiata o infastidita. Così –suppongo – che poco femminile fosse anche la Cvetaeva (il figlio le disse, – prima che Marina si suicidasse, impiccandosi ad un chiodo di una stamberga polacca, dove, esule, non la volevano neppure come serva,- che era come una gallina spennacchiata) e poco femminile fosse anche l’Achmatova davanti alle carceri, con uno straccio in testa, tremante, pallida e denutrita, per reclamare la liberazione del figlio e del marito. Anche la Dickinson, la signorina vestita di bianco, era diventata ossuta, secca come una vecchia scopa ingiallita ed era una zitella cinquantenne piena di nevrosi. Insomma, queste poetesse erano tutt’altro che belle e femminili, ma lo era la loro grande e nobile poesia. Quei versi, anche quando recavano la forza e l’energia pura tipica della paternità, o della virilità (certe poesie della Cvetaeva lo sono molto più di tante poesie maschili) erano ” femminili” e ti incantano, ti fanno delirare proprio per questo : hanno una grazia suprema , come questi versi di Maria Luisa: “A giorni alterni sono io la luna / e tu l’immensa terra che mi attira, / e questa notte tu, tu sei la luna / – io ti tengo al guinzaglio – / so che mi stai sognando, mi accarezzi, / i globuli lo sanno del mio sangue, / ogni mio nervo teso come un arco / o un’arpa eolia che vibra al respiro”.
7. Poesia d’amore
Che poesia è quella della Spaziani? E’… poesia mitologica, epica, simbolica, certamente tributaria dei maudit francesi, con una tangente estetica che costeggia un po’ Baudelaire, Valery e un po’ D’Annunzio, un po’ Leopardi e un po’ Montale, un po’ Gaspare Stampa e Quasimodo (“Sulla sabbia ormai scrivi da anni / Riposati innalzando cattedrali”). C’è molto della cultura francese, anche dei musicisti da lei prediletti ( Debussy, in primis) e degli impressionisti (Monet, in particolare) ma soprattutto la sua è – l’abbiamo detto – una poesia d’amore, un amore-oasi dove poter rifugiarsi e riflettere nel deserto quotidiano dei nostri sentimenti e dell’anima.
Maria Luisa parla d’amore in senso lato, universale, e va in profondità. Esplora come un palombaro, immergendosi negli abissi della nostra coscienza, gli aspetti più intimi e problematici, talora angoscianti, tal altra magici, dell’amore, motore del mondo, fuoco dipinto, canto modulato, elegiaca nostalgia delle cose, ma anche una memoria tragica di marinai alla deriva, amore fatto di gridi e sussurri, di luci e ombre, di musiche bianche e fiori, di sacrifici e rinunce, di voci che si fanno canto o grido, il tutto senza veli, scandagliando e denudando la propria anima fin nei recessi più nascosti, seguendo il corso dei ricordi, queste “ombre troppo lunghe per il nostro giovane corpo”.
8. La volpe montaliana
Dirà: “Ci sono due categorie di uomini. Quelli che ricordano di essere stati fiori e che mantengono la capacità di amare o di non amare. E quelli invece che sono diventati frutti, per aver reciso il loro rapporto col fiore badando più ai profitti e ai riconoscimenti pubblici”.
Ecco una risposta che potrebbe dare ai giovani poeti, ora che è sulla soglia degli ottant’anni, ma è come una fanciulla desiderosa di amare e di essere amata. Io mi presentai non sapendo come chiamarla, alla fine dissi: Maria Luisa , e la cosa le fece enorme piacere, ma poi, in seguito, durante la cena in un ristorante a picco sul mare della penisola sorrentina, capì che non avevo letto tutte le sue poesie, come proclamavo spudoratamente (rispuntò la “Volpe montaliana”) semplicemente sfogliando le pagine del suo libro “Poesie“, edito negli Oscar Mondadori, vecchio di una trentina d’anni fa , che le avevo porto perché me lo autografasse, cosa che fece, ma da allora non mi rivolse più la parola, assorta nel fumo dei suoi pensieri. Ahimè, ero stato uno sciocco adulatore. E la vecchia erotomane (oltre a Montale, fu amante di Quasimodo e di altri letterati, purché fossero del suo livello. E son convinto che anche oggi abbia i suoi amanti) non me lo perdonò. Vedendola, alle due di notte, mentre fumando l’ennesima sigaretta gettava il suo sguardo nel mare, come una sirena in cerca di naviganti, sulla soglia della poesia, sulla linea del canto, pronta a far teatro dei suoi sentimenti, rivelandoli così come sono, nudi, belli, autentici, sinceri, capii che era quella la sua forza, la forza straordinaria e la bellezza della sua poesia, talora ermetica, oscura, incomprensibile; in quell’attimo la vidi come una Venere che distilla gocce primigenie / che fa musica nello spazio in gamme di squillante blu… E’ ancora una pagina bianca, un’argilla informe / un fascio di forze vaghe che chiedono un ritmo”.
9. Eva
E poi fu Eva, madre dei viventi, e sorella e moglie e figlia, l’unica vera depositaria della verità dell’essere, l’unica che conoscesse la verità del giardino dell’Eden e mi sussurrasse all’orecchio, beffarda: è l’uomo che nasce dalla costola della donna e non viceversa. “C’è in questa inversione qualcosa di virile: come è virile la femminilità creatrice e matrice, che si pone come forza e scaturigine primaria nell’ordine dell’universo. “E in quel momento preciso, esatto, sublime, essenziale, unico, fatale, io mi innamorai perdutamente di Maria Luisa Spaziani. Ma lei, ormai, aveva altro da fare e aveva perduto ogni interesse nei miei confronti.
(2014)