di Paolo Vincenti
“…ed il
gallo passeggia impettito dentro il nostro cortile
se la guerra è finita perché ti si annebbia di
pianto
questo giorno d’aprile “
(“Quel giorno d’aprile” – Francesco Guccini)
Un 25 aprile sottotono quest’anno, così almeno mi è sembrato, guardando i filmati delle celebrazioni trasmessi dai telegiornali. È mancato il pathos, quell’enfasi che è connaturata nella retorica di certi avvenimenti importanti come questo. Si starà forse perdendo il senso di una festa di popolo, che nel 2016 non è più così sentita come era in passato. Il tempo purtroppo fa questi scherzi, allontanando dalla memoria certi ricordi, belli o brutti, gioiosi o tragici, ne accorcia lo sguardo, ne fa assopire il sentimento. Un po’ in tutti i nostri paesi e città la partecipazione al 25 aprile è stata debole, tiepida, alcune scene davvero tristi di amministratori locali intorno al monumento ai caduti che parlano davanti a quattro, cinque ottantenni e due tre cani randagi. Certo, la democrazia è un valore consolidato, la libertà è data per scontata da chi vi è abituato fin dalla nascita. Un rilassamento del senso civico, l’assenza di una grammatica di valori condivisi nelle nuove generazioni, sono comprensibili, più che possibili. Ma la scuola che fa? Proprio degli insegnanti e degli educatori dovrebbe essere il compito di tramandare la memoria, di sensibilizzare i giovani. Passando dalla piazza per andare in edicola a comprare le figurine dei calciatori panini o degli amici cucciolotti, i ragazzi, notando un piccolo assembramento di gente, non avranno chiesto ai genitori che ci facevano il sindaco con la fascia tricolore e i vigili urbani davanti al sacrario? Avranno ben sollevato lo sguardo per vedere che quella dove stavano passando si chiama proprio Piazza Libertà? Non si saranno incuriositi dalla presenza dei partigiani con la bandiera? Chissà che cosa avranno risposto i loro sciagurati genitori, sempre che in quel momento non fossero attaccati al telefonino. Magari, come Cetto La Qualunque, gli avranno detto: “Come criterio di massima, come sistema di riferimento, come atteggiamento preferenziale, tu fatti i cazzi tuoi!”. Grave cedimento all’oblio, resa alla trascuratezza, all’indifferenza, è non commemorare le date e gli eventi che hanno segnato il faticoso cammino della nostra nazione, della nascita della sua coscienza identitaria. “Nella svalutazione del passato è implicita una giustificazione della nullità del presente”, diceva Gramsci. Anche se le nuove generazioni sono lontane da quel ricordo, non meno importante è per loro celebrarlo, anzi proprio dal connubio fra immaginazione e memoria il passato acquista più valore, e la conquista della libertà diventa impresa epica, e può continuare ad affascinare giovani e meno giovani. “La libertà”, diceva Calamandrei, “è come l’aria: ti accorgi quanto valga solo quando ti manca”.
APRILE 2016